Dpef, scoppia la bomba pensioni

Antonio Signorini

da Roma

Dpef archiviato e manovrina-bis alle ultime battute, con il Documento di programmazione economica e finanziaria approvato dal Parlamento e il decreto Visco-Bersani approdato a Montecitorio senza possibilità di modifica. E all’orizzonte compare quello che sarà uno dei principali temi di scontro tra governo e parti sociali in vista della Finanziaria 2007: le pensioni. Le rassicurazioni del ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa sul principio di volontarietà non hanno tranquillizzato le organizzazioni dei lavoratori. I sindacati sono d’accordo con il superamento dello scalone, cioè il passaggio drastico dell’età pensionabile da 57 a 60 introdotto dalla riforma del governo Berlusconi, ma temono che il costo, valutato in circa 9 miliardi all’anno a partire dal 2011, ricada tutto sui lavoratori. Nei sindacati c’è chi ne è talmente sicuro da minacciare una mobilitazione. «Se le indiscrezioni sull’abbassamento dei coefficienti di rivalutazioni delle pensioni si rivelassero vere, siamo pronti a scendere il piazza», avverte Antonino Regazzi, segretario della Uilm.
A rendere concreti questi timori ieri è stato il Nucleo di valutazione della spesa previdenziale che ha reso noti i nuovi coefficienti di trasformazione del montante contributivo, che secondo il gruppo presieduto da Alberto Brambilla sono tra il 6 e l’8 per cento. Concretamente, a partire dal 2013 sarà meno conveniente andare in pensione presto. La revisione, ha assicurato il ministro del Lavoro Cesare Damiano, sarà discussa con i sindacati. Ma le principali confederazioni hanno già detto di non condividerla. Il leader della Cisl Raffaele Bonanni ha addirittura sostenuto che Il Nucleo previsto dalla riforma Dini «ha esaurito di fatto il suo compito». Le pensioni «sono già troppo basse», ha protestato Luigi Angeletti segretario generale della Uil, mentre Guglielmo Epifani della Cgil ha avvertito: «Nessun automatismo nel calcolo delle pensioni». Il governo «ci deve convocare», ha aggiunto Renata Polverini dell’Ugl. Una levata di scudi che sembra molto un modo per convincere il governo a rinunciare ad ogni modifica dei coefficienti per finanziare l’abolizione della riforma Maroni.
Nodi che andranno affrontati a partire dal settembre, quando si discuterà della Finanziaria 2007 i cui saldi sono stati confermati dal Dpef a 29,5 miliardi di euro. Illustrando la risoluzione di maggioranza al documento (approvata in serata con 154 voti a favore e 147 contrari, mentre una terza risoluzione dell’Italia dei Valori è stata presentata per errore), il viceministro dell’Economia Vincenzo Visco ha descritto una situazione attuale e passata ai limiti della catastrofe («anche peggio del ’92») e un futuro roseo, confermando che la previsione di crescita del Pil contenuta nel Dpef (l’1,5 per cento nel 2006 e all'1,2 per cento nel 2007) potrebbero essere riviste al rialzo.

Per quanto riguarda la manovrina-bis, cioè il provvedimento che contiene la micro correzione dei conti, il pacchetto Visco e le liberalizzazioni di Pierluigi Bersani, il testo uscito dal Senato non sarà modificato, ma questa volta non sarà messa la fiducia.

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