E' allarme sicurezza: immigrati protagonisti di omicidi e altre risse

Alla Bovisa un albanese è stato ucciso a coltellate da un brasiliano ubriaco, poi arrestato dai carabinieri. In via Padova, teatro a febbraio di una rivolta di extracomunitari, tre feriti dopo una notte di alcol e scontri

E' allarme sicurezza: 
immigrati protagonisti 
di omicidi e altre risse

È da poco passata mezzanotte. In via Padova e via Fusinato, zona Villa Pizzone, stranieri contro. Sudamericani e albanesi. Spuntano i coltelli e le bottiglie vengono fatte a pezzi. Finisce con un morto e tre feriti gravi. Le forze dell’ordine, prendono tutti, ma solo il brasiliano che ha ucciso l’albanese resta in cella. Gli altri denunciati a piede libero. Ancora risse. Ancora dopo quella dell’altro giorno al Corvetto dove la peggio l’ha avuta un ghisa che ha cercato di sedare lo scontro tra stranieri. Ma qualcosa non quadra. Se n’è accorto anche il parente dell’albanese ucciso alla Bovisa. «Qui in Italia nemmeno chi spara al Papa resta in galera». E per questo spera di prendere lui l’assassino. «Poi processo breve» sogghigna.
L’emergenza c’è, continua, anche si respira aria di assuefazione. Il Comune prova a contrastarla con ordinanze che limitano il degrado nei quartieri maggiormente a rischio. E in attesa dei risultati, nei palazzi della politica decollano le polemiche. Da sinistra criticano il coprifuoco con cui il Comune sta cercando di fissare delle regole nei quartieri più a rischio e dal Carroccio si alza qualche voce che vorrebbe un sindaco leghista.
Intanto fuori ci si ammazza. Come al secondo piano di via Fusinato 14, casa di ringhiera vecchia Milano con cesso sul ballatoio, dove abita Gjin Pernkoda, albanese di 42 anni, arrivato nel ’95 in cerca di fortuna. E un po’ l’aveva trovata. Apre un piccola impresa edile, compra l’appartamento, fa venire la fidanzata che gli dà due figli, di cinque e due anni. L’anno scorso chiama anche il nipote Arjon, 22 anni, lo accoglie in casa, lo impiega nella sua ditta. Entrambi gran lavoratori, domenica sera vanno a letto presto, ma non riescono a dormire perché un paio di brasiliani brilli fanno un sacco di chiasso. Zio e nipote li pregano di abbassare i toni, per un po’ il rumore si cheta, poi ricomincia. Arjon esce di nuovo ma, senza nemmeno il tempo di parlare, rimedia due fendenti al petto da uno dei sudamericani. Gjin preoccupato per il suo ritardo, esce a cercarlo ma in strada trova il brasiliano. E anche lui viene colpito al petto. Ma le sue ferite sono più gravi, muore dissanguato prima dell’arrivo del 118. Il brasiliano getta il coltello a terra, sarà poi ritrovato dai carabinieri, e scappa, ma incredibilmente alle 7 del mattino si presenta al cantiere dove lavora come muratore e viene arrestato. Si chiama Riccardo Maurizio Gomez, 43 anni, regolare e incensurato. Drammi di convivenze difficili tra persone che hanno storie e culture spoesso lontanissime. Storie di degrado e piccola criminalità che che sfociano in tragedie. Come in via Padaova dove, sempre la scorsa notte, ubriachi si insultano, si lanciano bottiglie di vetro infine si attaccano. Un salvadoregno di 20 anni e un peruviano di 22 buttano a terra e iniziano a colpire a calci e pugni un ecuadoriano di 20. Lui si divincola, estrae un coltello e colpisce gli altri due sudamericani. Finiscono tutti e tre in ospedale. Se la caveranno. Lo scontro è all’angolo tra via Padova e via Chavez, nello stesso punto dove il 13 febbraio morì accoltellato dopo una rissa con dei sudamericani, un egiziano di 19 anni. E per rappresaglia i connazionali scatenarono la guerriglia, mettendo a ferro e fuoco il quartiere. Storia di qualche mese fa ma che sembra, anzi è, la stessa di ieri notte.

Storia che dal Corvetto a corso Lodi ha quasi sempre gli stessi attori. E i numeri che il Comune ha messo in archivio parlano chiaro. «Dall’inizio dell’anno - secondo Palazzo Marino - sono 1.745 gli autori di reati che destano allarme sociale. E sono quasi tutti extracomunitari».

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