E dopo Calciopoli tutto restò come prima

Il mondo del calcio gira all’impazzata come se Calciopoli fosse un romanzo di fantascienza scritto da Asimov. Capita così che il Milan s’incazzi (direttore, permette?) con la classe arbitrale che lo bastona con regolarità disarmante. Incredibili gli errori commessi ieri pomeriggio da Pieri a Bergamo: un rigore negato e un gol convalidato, mica noccioline. Oddio. Se la classifica piange e il distacco dall’Inter s’è moltiplicato, la colpa non è solo degli arbitri. C’è dell’altro. Ancelotti lo sa. E forse Rivera non ha tutti i torti quando parla di un ciclo irrimediabilmente finito: un po’ di contraddittorio non fa male. Resta però la questione arbitrale come negli anni scorsi. E, giusto come in passato, si parla di complotto. Ma non si hanno notizie sulle fattezze del Grande Vecchio. Lo scandalo è passato invano, questa è una certezza. Dietro la lavagna di Calciopoli sono finiti in tanti, dai dirigenti squalificati ai club penalizzati, tranne gli arbitri. Tutti salvi i fischietti, tutti meno uno, De Santis, trasformatosi nel feroce Saladino. Poi vai a leggere le intercettazioni e le deposizioni rese ai magistrati, e ti rendi conto che qualcosa non funziona. Se un arbitro ammette di essere stato condizionato dall’ex designatore Bergamo e dall’ex potente segretaria Fazi, rischia solo una giornata di risposo. È il caso di Trefoloni che lo scorso 14 maggio, in una incredibile audizione resa ai carabinieri di Roma, aveva effettuato una circostanziata ricostruzione del mobbing in vigore nella Can e confessato, fra l’altro, di essere sfuggito alla griglia di Roma-Juventus grazie a un falso certificato medico. E ancora. Se un fischietto di nome si rivolge all’addetto agli arbitri del Milan, l’ormai famoso ristoratore Meani, per arrivare a Gianni Letta attraverso i buoni uffici di Galliani e Berlusconi, non ne paga dazio per il “sonno” della Procura federale e di quella arbitrale. Per informazioni, telefonate pure a Paparesta, tornato sabato in B. È lo stesso Paparesta che ha pagato con 90 giorni di squalifica il referto monco di Reggio. Se un internazionale dice di sì a Pairetto su come dirigere Sampdoria-Juventus, non va incontro neppure a un giorno di punizione. Anzi. Vedi Dondarini. Esistono poi situazioni strabilianti. C’è un arbitro (Morganti) lasciato a riposo fino all’altro giorno per aver chiesto biglietti a pagamento; c’è invece un assistente (Stagnoli) rimasto in attività anche se ha ottenuto, a capo d’una telefonata con il solito Meani, alcuni biglietti omaggio.
C’è poi chi usa i cellulari nell’intervallo d’una partita (Lazio-Fiorentina con rigore negato ai viola per un mani di Zauri sulla linea di porta) e va addirittura al Mondiale. Vero Rosetti? E via di questo passo con assistenti cacciati, sospesi e riqualificati. Uno scandalo.

E sapete perché di scandalo si tratta? Perché la giustizia sportiva ha sanzionato dirigenti e società per responsabilità quanto meno analoghe. Agli arbitri solo carezze. Niente cambia, niente deve cambiare: caro Pancalli, se ci sei, batti un colpo.

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