E Cheney picchia duro: «L’invasione è stata un affronto alla democrazia»

nostro inviato a Cernobbio (Como)

«L'invasione della Georgia è un affronto inaccettabile per gli standard minimi del mondo del 2008. E la Russia non ha dato giustificazioni». Un Dick Cheney durissimo ha preso la parola ieri al Workshop Ambrosetti di Villa d'Este. «Sia ben chiaro - ha scandito quasi a voler essere udito bene fino a Mosca - che l'allargamento della Nato continuerà e che anche Georgia e Ucraina ne diventeranno membri. Gli alleati ne sono certi e gli Usa sono impegnati nel perseguire questo obiettivo perché la Nato è una comunità di valori».
Cheney ha parlato di «affronto alla democrazia» e di «catena di atti offensivi e di brutalità contro i vicini» così come di ricorso sistematico «all'arma del ricatto energetico» nei confronti di Paesi come Repubblica Ceca, Polonia e Ucraina. Il numero due della Casa Bianca ha anche ricordato le parole dell'ex presidente georgiano Shevardnadze, secondo il quale «lo scopo di Mosca è quello di ricostruire il proprio potere imperiale».
Ribadendo il ruolo della Nato a difesa della libertà, Cheney si è detto molto preoccupato della frattura apertasi con Mosca. «Non è una cosa buona per nulla» perché «la guerra fredda è finita e noi vogliamo cooperare». Ma i leader russi, ha aggiunto Cheney, «non possono godere da un lato del loro nuovo prestigio internazionale ed economico e poi dall'altro fare quello che fanno. Devono fare una scelta. Quanto ai timori di essere attaccati sono infondati perché nella sua storia lo hanno fatto soltanto dittatori come Napoleone e Hitler. E ora invece Mosca minaccia e intimidisce proprio quei Paesi confinanti che un tempo erano suoi alleati».
Dopo aver ricordato che l'11 settembre cadrà il settimo anniversario dell'attentato alle Torri Gemelle, Cheney ha toccato gli altri fronti caldi. Continuerà la missione in Irak, che «sta volgendo verso una vittoria.

Poi dovremo ripristinarvi la democrazia e farlo diventare un alleato». Quanto all'Afghanistan, dove «ci vogliono più truppe», il vicepresidente ha lamentato «regole d'ingaggio poco coordinate perché non possiamo avere 26 strategie, ma una sola, quella della Nato».

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