E intanto lui annuncia una tassa del 20% sulle rendite finanziarie

Il candidato dell’Unione: «Se il premier rinuncia all’ultima conferenza stampa, mi presento al duello anche a piedi. Non ho certo paura...»

Luca Telese

da Roma

Il confronto? Non si fa (per ora) dice Romano Prodi a Porta a Porta. Lo dice subito, in apertura di puntata, con l’entusiasmo di chi si deve cavare un dente e con la grinta di chi sa che il titolo dei giornali, sulla serata, sarà quello. Lo dice, e la prima cosa che pensi è: peccato. Perché un duellante, nella puntata di ieri gli avrebbe fatto bene. Perché il Professore è uno che che in televisione ha la carburazione lenta, ma dice anche cose molte tecniche ed interessanti, come nel caso della digressione di dieci minuti sugli «estimi» (catastali) di cui parla come se fosse un vocabolo di uso corrente nelle case degli italiani.
Eppure (per ora) è un no. Un no al duello che motiva così, punzecchiando Bruno Vespa: «Vede, lei nel lancio della puntata ha detto che io rinuncio alla sfida, e non è giusto...». Vespa: «No?». Prodi: «No. Lei ha detto meglio adesso: a queste condizioni, io non ci sto». Seduti in studio ci sono i principali collaboratori del leader dell’Unione, da Angelo Rovati a Silvio Sircana. Nella saletta con i giornalisti c’è la grintosa addetta stampa, Sandra Zampa che ruggisce di soddisfazione ad ogni battuta del prof (bisognava mettere in campo lei, forse, ma nell’Unione, si sa, tutto funziona al contrario).
Lui, «il Prof» ci tiene a non passare per uno che getta la spugna. Lo hanno preparato - e si vede - per evitare in ogni modo di assumere la parte del codardo che fugge: «Il dibattito televisivo - spiega infatti il leader dell'Unione - fa parte di una campagna elettorale regolata e nessuno capirebbe un dibattito tra due e poi alla fine una conferenza stampa del premier». Poi, stringendo i pugni: «Questo non sta né in cielo né in terra. Se Berlusconi ci rinuncia, io il tredici vengo al dibattito anche a piedi!» E ancora: «Se Berlusconi si mette d'accordo con noi sulle condizioni, il faccia a faccia verrà fatto - aggiunge - ma se io ho solo il diritto di replica non si può fare». Poi Prodi ricorda i duelli che ci sono stati, ostentando un moto di orgoglio, e una certezza che non si sa da chi sia certificata: «Ne ho già vinti due di confronti, non ho proprio paura, neanche un po’!». E alla fine: «Perché io debbo andare in bicicletta e lui va in automobile?».
Bene, benissimo, anzi no. Perché dopo questa fiammata iniziale, il tono del professore di Bruxelles, anziché salire inizia a calare, drammaticamente. In studio ci dovrebbero essere due giornalisti. Solo che uno di loro, Sorgi, ex direttore della Stampa sembra in sonno, e questo non giova, in primo luogo al leader dell’Unione. Ed è a dir poco infelice la sua battuta: «Vede Vespa, quando abbiamo concordato i giornalisti ospiti...» (una frase che in America sarebbe da cartellino rosso). Sarà anche per questo, il meccanismo degli intervistatori «pettinati» si ritorce subito su Prodi (chissà che non accada anche a Berlusconi). L’unico che si fa vedere (e sentire) un po’ è il direttore de Il Messaggero, Riccardo Napoletano, che ha un solo difetto, quello di fare solo domande economiche. Purtroppo, sia alle (non) domande di Sorgi che alle eco-domande di Napoletano Prodi risponde sempre con lo stesso tono, con quelle parole tronche, quegli articoli trascinati che sono uno dei suoi standard tv, evidentemente il meno felice: «La-la-la... il settore pubblico....». Oppure: «Ehhhh.... la concorrenza...». Sorgi prova a chiedergli se vuole dismettere uno dei canali Mediaset e il Professore dribbla citando indirettamente D’Alema ma senza fare il suo nome: «Una definizione che ho condiviso.... dice che Mediaset è una risorsa per il paese». Prodi parla di evasione fiscale, di avanzo primario, di detrazioni per le coppie, di imposta di successione e, soprattutto, di un'aliquota sulle rendite finanziarie intorno al 20%. Una sola volta ha una vampata, alza i due pugni verso il petto parlando della sua proposta di tassazione e detrazione degli affitti: «Altrimenti come facciamo a mandare avanti ’sto Paese!?».

Ogni volta che dà una risposta vaga nessuno gli fa mai una seconda domanda. Poi, chissà perché, si accalora sulla revisione degli estimi (catastali) da elevare: «Ma perché mio cugino deve pagare un terzo rispetto a me?». Speriamo che dopo questo show (almeno lui) non voti il Cavaliere.

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