E MAX «IL GENIO» DÀ I NUMERI

Scusate, ci siamo sbagliati. Gli italiani non stanno con Berlusconi. Lo dice Massimo D’Alema, e se lo dice Massimo D’Alema dev’essere per forza una cosa intelligente. È quasi un luogo comune della politica: Veltroni ama il cinema, Bossi ha fiuto, Gianni Letta è silenzioso, Di Pietro che c’azzecca? E D’Alema è intelligente. Non si è mai capito bene quando e dove abbia dimostrato tutta questa intelligenza, dal momento che a rivedere la sua carriera è un susseguirsi di fallimenti da far invidia a Ricucci, roba da portare i libri della politica in tribunale. Ma tant’è. L’intelligenza di D’Alema è una specie di assioma, un dogma della fede giornalistica. Lui non partorisce idee. Ha immacolate concezioni.
A volte però la realtà dei fatti mette a dura prova anche la fede più salda. Noi, per esempio, siamo dei devoti del sapere Massimo, rigidi osservanti del verbo baffino. Ma ieri quando abbiamo letto l’ultima epifania del pensiero dalemiano siamo rimasti esterrefatti: non è vero che gli italiani sono con Berlusconi, ha dichiarato il leader Pd, perché dalla parte del premier c’è solo una «minoranza rumorosa e fanatizzata». «Solo uno su 4 è con Berlusconi», ha poi precisato. Uno su 4? E come si arriva a questo risultato (sicuramente intelligente)? Affamati delle sue verità quasi come del suo risotto, siamo subito corsi a fare l’esegesi della (sicuramente acuta) dichiarazione che riportiamo parola per parola: «Un terzo degli italiani non vota; degli altri due terzi, quelli che votano per il governo sono un po’ meno della metà, quelli che voteranno per i partiti dell’opposizione sono un po’ più della metà». Chiaro, no? L’opposizione è la maggioranza, la minoranza governa: noto metodo democratico in stile Pcus.
A questo punto, lo confessiamo a costo di rischiare l’eresia, ci è venuto qualche dubbio: D’Alema sarà di sicuro intelligente, ma non è che ogni tanto dà i numeri? Del resto si sa, ha sempre sbagliato i calcoli in tutta la sua vita politica: nel ’97 pensava di fare la riforma della Costituzione, nel ’98 pensava di fare il presidente del Consiglio e pochi giorni fa, proprio durante il suo 60° compleanno, pensava di aver vinto una regata. Invece l’avevano superato. Ora appare un po’ strana la sua idea di democrazia, che potrebbe essere riassunta anche così: se vince Berlusconi non vale. E noi che stiamo qui ad arrovellarci da anni con il sistema tedesco, quello spagnolo e il semipresidenziale francese: tempo perso. Tutto molto più semplice con il modello D’Alema: il centrodestra (Pdl più Lega) arriva al 50 per cento dei voti? È una «minoranza faziosa». Il Pd a malapena raggiunge il 26? È la maggioranza del Paese. Mistero della fede, e così sia.
Abbiate pazienza se ci siamo dilungati un po’ sulle gesta (sempre intelligenti, sia chiaro, ma un po’ comiche) del conte Max, ma non c’è spaccato migliore del disorientamento in cui versa il centrosinistra. Se questo è il meglio fico del bigoncio, l’intelligente del gruppo, quello con la testa lucida come le sue scarpe artigianali, figuratevi gli altri. E in effetti vorremmo risparmiarvi, per oggi, le eroiche imprese di giornata del leggenDario, la quinta colonna del Pdl al vertice del Pd, che nelle ultime ore è riuscito a dichiarare che Berlusconi è un pericolo per la democrazia e subito dopo che lui non sa che cosa sia l’antiberlusconismo. E vorremmo risparmiarvi anche il malinconico tramonto di Veltroni, il nuovo Kennedy, che doveva dominare i palcoscenici mondiali, e che invece domani si troverà, mestamente, a chiudere la campagna elettorale non a Roma, non a Milano, non a Bologna, ma a Cinisello Balsamo, per sostenere la candidata sindaco Daniela Gasparini nell’ambito della festa «Estate cinisellese». In fondo c’è poco da stupirsi: da Franceschini e Veltroni ci si aspetta di tutto. Ma D’Alema non era quello intelligente?
Che anche Massimo avesse perso un po’ la trebisonda, d’altra parte, era evidente negli ultimi giorni. Per esempio ha citato un premio «scandalo dell’anno», assegnato a Berlusconi dal Foreign Policy, senza accorgersi che quel premio non esisteva e soprattutto non c’entrava nulla col Foreign Policy: era solo la burla di un blogger. E quando ieri è stato interrogato sulla collocazione europea del Pd (entrerete nel gruppo del Pse oppure no?) ha risposto: «Intendiamo dare vita a un raggruppamento nuovo che però non sia separato dai socialisti, ma sia con i socialisti». Insomma con i socialisti o no? «Si studieranno le modalità tecniche», ha risposto D’Alema, di fatto senza rispondere. E poi ha definito tutto questo un concetto «espresso con chiarezza». Eccome no: con chiarezza. «Modalità tecniche». «Coi socialisti ma senza socialisti».

E chi prende il 20 per cento dei voti ha la maggioranza del Paese. Accidenti, che genialità. Se queste sono le cose più intelligenti che il Pd riesce a dire, allora adesso è tutto chiaro: ecco perché nell’ultimo mese hanno fatto in modo di parlare solo di gossip...

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