E il partito dei guardoni vuole soltanto più tasse

Agli elettori importa poco del caso Ruby: scelgono chi non aumenta le imposte, ovvero il Cav. Ma il Pd e il Terzo polo sognano un governo tecnico che riduca il debito pubblico. Come? Con una patrimoniale

E il partito dei guardoni 
vuole soltanto più tasse

Per chi voterò? Voterò per chi non aumenterà le tasse. Del resto non me ne frega niente. Questo è in sintesi il mes­saggio inviato da un lettore a Il Foglio di ieri. Lo riproduco perché rappresenta bene l’opinione sulla rilevanza del caso Ruby. In queste settimane, infatti, si sono verificati due eventi concomitanti: la richiesta al premier di dimettersi, e conseguente auspicio di nuovo governo di unità nazionale, e la proposta da parte di autorevoli esponenti del Terzo polo e del Pd (da Amato a Veltroni) di introdurre un’imposta patrimoniale straordinaria, oscillante fra il 33 e il 50% del debito pubblico (che è circa 1800 miliardi). L’idea di Giuliano Amato, referente autorevolissimo del Pd, esposta in un’intervista al Corriere della Sera , consiste nel tassare oltre 13 milioni di contribuenti italiani (un terzo del totale) facendo pagare loro 45mila euro pro capite sul loro patrimonio, raccogliendo circa 600 miliardi. Ciò farebbe scendere il debito pubblico dal 117% all’80% del Pil. In sintesi, essendo il Prodotto interno lordo un po’ più di 1500 miliardi, la patrimoniale di 600 miliardi corrisponderebbe a circa il 40% del Pil. L’imposta, distribuita su due anni, porterebbe la pressione tributaria dal 43 al 63%.

La seconda proposta è di Pellegrino Capaldo, economista, ex democristiano di sinistra, che ha come riferimento il Terzo polo. Essa consiste nel raccogliere 900 miliardi con una patrimoniale sugli immobili. In questo caso il debito pubblico passerebbe a circa il 59% del Pil, sotto la soglia del 60% indicata nel trattato di Maastricht. Poiché il debito pubblico è pari grosso modo al 25% del patrimonio immobiliare italiano, per raccogliere 900 miliardi bisognerebbe trasferire mediamente su ogni immobile un debito pari al 12,5% del suo valore. L’aliquota in verità oscillerebbe fra il 5 e il 20% (a seconda dell’anno di acquisto e della posizione soggettiva del proprietario) e sarebbe pagabile con dilazione sino alla cessione dell’immobile, che però nel frattempo sarebbe ipotecato a favore del fisco.  

Silvio Berlusconi ha dichiarato, invece, che finché sarà leader del governo non ci saranno né patrimoniali né aumenti di imposte. Il premier è quindi un ingombro ai propositi del governo di emergenza. E c’è un altro ostacolo che il centrodestra sta opponendo a questa nuova tassazione: la devoluzione della fiscalità sugli immobili ai Comuni con la cedolare secca sugli affitti e l’Imu, l’imposta municipale sugli immobili in sostituzione dell’Ici e dell’Irpef per gli immobili diversi dalle prime case. In entrambi i casi, si realizza una notevole riduzione della fiscalità immobiliare. Infatti, la cedolare secca sui fitti sarà del 21% per i contratti normali e del 19% per quelli a canone concordato e non ci sarà la tassa annuale di registrazione del contratto, mentre gli inquilini non avranno l’aumento del canone per tutto il periodo dell’affitto. Riguardo all’Imu, invece, l’aliquota sarà dimezzata per gli immobili dati in affitto. I Comuni potranno ridurla sino alla metà per gli immobili in uso proprio adibiti ad attività produttive. Inoltre, sia la cedolare secca sia l’Imu comportano l’esclusione del reddito tassato con essi dall’imponibile Irpef, riducendone la progressività. Con l’attribuzione ai Comuni dell’imposta di registro sulla vendita di immobili, quella sulle abitazioni, prime o seconde case, scende al 2%.

Accanto a queste sostanziose riduzioni per gli immobili, il decreto sul federalismo municipale, per far fronte alle richieste dei sindaci, stabilisce alcuni aumenti di fiscalità, in altri ambiti, che nella più recente versione del testo sono molto moderati. La somma algebrica è una riduzione del carico fiscale. Quindi il voto negativo contro il decreto non può essere sostenuto con la tesi che le tasse aumentano.

E c’è un aspetto molto importante: i Comuni non possono non opporsi a tassazioni patrimoniali che andrebbero a incidere sugli imponibili di loro spettanza. Così questo decreto è una barriera contro le nuove patrimoniali. E votarlo comporta il «no» alla tassazione patrimoniale, con cui gli avversari di Berlusconi vorrebbero tosare i risparmiatori.  

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