E Di Pietro torna Pm per l’Anas: «Servono subito nuovi manager»

Offensiva giudiziaria del responsabile delle Infrastrutture: sui conti aziendali indaghi la Procura. Ma l’obbiettivo è piazzare uomini fidati

Gian Maria De Francesco

da Roma

«Ho chiesto al ministro Padoa-Schioppa e al presidente del Consiglio Prodi risorse per l’Anas, ma anche di valutare se è il caso di cambiare management». Il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, ieri in audizione sia alla Camera che al Senato, ha dipinto un quadro drammatico della situazione finanziaria dell’azienda che gestisce la rete stradale e autostradale italiana.
L’obiettivo principale è aggiungere un altro tassello allo spoil system del centrosinistra cambiando i vertici dell’Anas. Ma, trattandosi di una società per azioni, il commissariamento non è praticabile se non attraverso una bocciatura del bilancio da parte dell’azionista pubblico. E in Parlamento Di Pietro ha rispolverato la sua consuetudine con le aule di giustizia. «Ci sono ipotesi da valutare - ha detto - sotto l’aspetto delle false comunicazioni e del falso in bilancio. C’è un problema di credibilità patrimoniale per la sussistenza e l’esistenza dell’Anas».
Secondo il ministro, l’agenzia «ha impegni per 19 miliardi e 14,9 miliardi disponibili» e «non c’è corrispondenza tra quanto risulta a bilancio e quanto investito effettivamente». Inoltre «sarebbe stato fatto un programma straordinario di opere» per 3,5 miliardi «già stanziati per altri interventi». Di Pietro ha pure parlato di ipotesi di peculato per 6 miliardi di vecchie lire versati a componenti del precedente consiglio di amministrazione «in parte per liquidazioni ritenute illegittime perché non dovute, in parte per consulenze inesistenti». Di tutto questo sono state informate sia la Corte dei conti che la Procura della Repubblica di Roma che, ovviamente, ha subito aperto un fascicolo senza indagati.
I motivi di questa ferma presa di posizione sono intuibili: bisogna accontentare i partiti della coalizione con nomine ad hoc. Per la presidenza dell’Anas, nella fattispecie, sono in pole position l’ex sottosegretario ai Lavori pubblici, il dalemiano Antonio Bargone, l’ex ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio oltre all’ex direttore generale Anas, Claudio Artusi.
Due domande non hanno ricevuto ancora risposta. Perché il ministro Di Pietro ha insistito sulla necessità di un commissariamento quando ha più volte respinto le dimissioni dell’attuale presidente Anas, Vincenzo Pozzi, l’ultima delle quali a mezzo lettera lunedì scorso? Perché il ministro Di Pietro ha citato nelle audizioni come ammontare degli impegni Anas i 19 miliardi del programma triennale dell’ex ministro Lunardi?
Come ha sottolineato lo stesso Vincenzo Pozzi in una nota «a fronte di disponibilità finanziarie di 15,5 miliardi di euro al 31 dicembre 2005, risultano impegni da parte dell’Anas per 14,8 miliardi». Dunque tutti i lavori hanno sempre avuto copertura finanziaria e le leggi sono state rispettate. Anas, inoltre, vanta nei confronti del Tesoro crediti per 7,548 miliardi dei quali 6,437 miliardi di residui passivi dei precedenti esercizi. La stessa Finanziaria 2006, che ha fissato i tetti di spesa per l’anno in corso a 1,9 miliardi a fronte di 3,1 miliardi di spese di funzionamento, non è il Vangelo. L’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, intendeva rimodulare i parametri di spesa per garantire la prosecuzione di tutti i cantieri.


Il presidente dell’Anas ha infine precisato che attualmente le sue dimissioni potrebbero comportare «un danno per lo Stato» in relazione ai tempi stretti della fusione Autostrade-Abertis e alla necessità di vigilare sull’operazione. Di Pietro ha risposto che l’Anas potrebbe formulare un parere sulla vicenda anche se commissariata. Dopo Rai e Cinecittà Holding l’Unione vuole conquistare un’altra casella.

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