E Pisanu scopre la mafia (appena 18 anni dopo...)

Giuseppe Pisanu, detto Beppe, presidente della Commissione antimafia, senatore del Pdl, ieri ha spiegato che negli anni '92-93 ci fu una trattativa tra Stato, mafia, logge segrete, mondo degli affari e della politica e che questo mise la democrazia in pericolo. Pisanu, politico di lungo corso, ci ha messo quindi ben 18 anni per dirci che quando la mafia, eravamo in quegli anni, fece saltare in aria magistrati (Falcone, Borsellino) e disseminò l'Italia di bombe, era molto, molto incavolata con quello Stato che non le era evidentemente molto simpatico. Il quale Stato, spaventato e impreparato, reagì a caldo in modo confuso, pasticciato. Da buon ex democristiano il senatore lancia il sasso e nasconde la mano. Il sasso è l'ovvietà che dice, un teorema noto che da anni appassiona il mondo della sinistra non per amor di verità ma per cercare di legare a tutti i costi la nascita di Forza Italia (1994) e l'ascesa di Berlusconi alle cosche di Totò Riina e compagni che su ordine del Cavaliere avrebbero creato le condizioni per far cadere la Prima Repubblica e aprire quindi la strada al cambiamento. Su questa ipotesi sono stati scritti migliaia di articoli, centinaia tra libri e trasmissioni televisive firmate dal duo Santoro-Travaglio. Peccato che in tutti questi anni il teorema non abbia trovato un solo riscontro giudiziario o storico. Anzi, tutte le sentenze seguite a inchieste aperte su questo filone, compresa quella di poche ore fa a carico del senatore Dell'Utri, hanno categoricamente escluso la possibilità che la nascita di Forza Italia abbia a che fare con la mafia.
Allora vien da chiedersi, perché Pisanu, rilanciando con forza il vecchio teorema, e ridando quindi fiato ai pistaroli anti Cavaliere, non ha aggiunto una frase del tipo: «Detto questo, vanno condannati senza esitazioni i tentativi, passati e in atto, di infangare l'attuale partito di maggioranza coinvolgendolo in un simile scenario dal quale è del tutto estraneo». Sarebbe stato più onesto. Non lo ha fatto. Proviamo a ipotizzare perché. Primo: non è un ex democristiano ma è tutt'ora democristiano, cioè incline a seminare zizzania e veleni per trarne vantaggio. Secondo: ha voluto fare un dispetto al suo, questo sì ex, vecchio amico Silvio Berlusconi, che gli ha imputato qualche responsabilità nei pasticci combinati da ministro degli Interni durante lo spoglio delle elezioni del 2006 che videro vincere Prodi per un pugno di contestati voti (e che per questo non lo ha più voluto al governo, concedendogli comunque un seggio da senatore). Terzo: ha voluto fare un piacere al suo nuovo amico Gianfranco Fini che, guarda caso, fu tra i primi, lo scorso anno, a invocare la riapertura delle indagini su quegli anni oscuri e terribili e che attese con ansia mista a entusiasmo la deposizione sul tema del pentito Spatuzza (ricordate quella frase sussurrata a un pm e carpita dalla tv: qui sta arrivando una bomba atomica).
O forse no, forse Pisanu è semplicemente così, va dove crede che il vento sia favorevole. Con la Dc quando comandava la Dc. Con Forza Italia quando Berlusconi fece il miracolo vincente della politica italiana. Tra i due periodi fu molto amico di potenti di turno. Il gran maestro della massoneria Armando Corona, il faccendiere Flavio Carboni, il banchiere piduista Roberto Calvi. Memorabile il suo discorso, da sottosegretario al Tesoro, nel giugno del 1982, con il quale tranquillizzò il Parlamento sullo stato di salute del Banco Ambrosiano guidato da Calvi. Era falso, ovviamente, ordinato, secondo una testimonianza giurata di Angelo Rizzoli, da Calvi stesso. La faccenda gli costò il posto e qualche anno di purgatorio.
Vista la fine che hanno fatto i suoi amici, diciamo che l'attuale capo dell'antimafia non sempre l'azzecca. Ne sa qualche cosa anche Luciano Moggi, al quale Pisanu, ministro in carica, si rivolse per ottenere la salvezza del Torres Sassari, squadra di C1 del suo bacino elettorale: «Luciano mi raccomando, è cosa importante, ci sono le elezioni», venne trascritto dalle intercettazioni. E Moggi fece il miracolo: ovviamente, o per caso, il Torres si salvò.


Ma soprattutto non si capisce perché queste tremende verità su mafia, politiche e affari, raccontate ieri senza i dovuti distinguo, Pisanu non le abbia denunciate con forza durante il suo lungo mandato di ministro degli Interni, cioè capo politico del sistema investigativo italiano. O non le sapeva, oppure aveva convenienza a non dirle. In entrambi i casi non ci fa bella figura e non è credibile oggi.

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