E in Senato la Cdl medita di alzare il tiro

Udc e Lega: la vicenda non è chiusa qui, li aspettiamo in Aula. Schifani: "Li costringeremo a un grande dibattito in Parlamento"

E in Senato la Cdl medita di alzare il tiro

Roma - Secondo le procedure parlamentari, la mozione unitaria presentata dalle forze d’opposizione può restare così com’è, buona per il voto di mercoledì, pur dopo la restituzione da parte del viceministro Vincenzo Visco della delega sulla Guardia di finanza. Le due pagine del documentino della Cdl infatti, dopo aver riassunto i fatti e rimarcato «il palese dispregio per le regole di rispetto», si chiude impegnando il premier e il governo «a revocare le deleghe assegnate» a Visco. Tutte le deleghe dunque, non soltanto quella specifica dell’affaire. Sino a configurare la rimozione forzata e totale del viceministro dai suoi incarichi all’Economia. Ma l’opposizione cercherà il raddoppio insistendo su questa mozione, o incassata la vittoria del «passo indietro» preventivo, proverà ad allargare la partita cercando nuovi obiettivi?
Questa seconda ipotesi s’annuncia come la più probabile. Anche perché, insistere con la mozione esistente «adesso provocherà evidente e immediato il ricompattamento della maggioranza», spiega Francesco D’Onofrio, capogruppo dei senatori Udc. Gli è che quella mozione ha perduto efficacia tattica: rappresentava un cuneo nell’Unione e solleticava quei senatori di maggioranza che non erano disposti più di tanto a difendere Visco. Ne bastavano pochi, anche assenti, per far passare la mozione. Ma già ieri sera, Italia dei Valori ha ritirato il proprio Ordine del giorno imbarazzante per Romano Prodi e Piero Fassino, e poco dopo è giunto l’annuncio dalla Margherita che pure Willer Bordon e Roberto Manzione ritireranno il loro, molto simile. Insomma, la mozione della Cdl ha già ottenuto il suo effetto ieri, «ora non ha più molte ragioni d’essere ed è inutile andare alla conta», ammette il capogruppo dei senatori forzisti Renato Schifani, aggiungendo che «politicamente ci conviene alzare il tiro». Come? Chiamando in causa Prodi stesso e ancor più il ministro Tommaso Padoa-Schioppa, per la rimozione del generale Roberto Speciale.
C’è da sottolineare che il regolamento del Senato non pone termini né limiti alla presentazione delle mozioni. La Cdl può modificare quella già depositata, così come presentarne una nuova. E poi non va dimenticato che ci sono svariate interrogazioni e interpellanze, una pure di Francesco Cossiga. E c’è un terzo Odg, presentato da Roberto Calderoli, che esprime fiducia alla Guardia di finanza e al suo vertice, almeno quello in carica sino a ieri sera. «È una vera e propria mozione di fiducia nei confronti del generale Speciale», spiega il capogruppo leghista Roberto Castelli, «dunque va discussa e votata». Schifani e gli altri son d’accordo, «vediamo come vota l’Unione, potrebbero entrare in confusione». Quello di Calderoli infatti, è un documento che apre il fronte contro Padoa-Schioppa e Prodi, allargando il campo di battaglia da Visco al fulmineo e sconcertante «avvicendamento» al comando generale delle Fiamme gialle. Tant’è che l’appuntamento di mercoledì al Senato è confermato, e nella conferenza dei capigruppo convocata il giorno prima a mezzogiorno, quelli della Cdl chiederanno che l’indomani si presentino ai “padri” anche il premier e il titolare dell’Economia.
«Avevamo chiesto un sussulto d’orgoglio e di amor patrio da parte di questo governo e ne è venuta una vendetta nei confronti del generale Speciale», dice dall’Udc Mario Baccini promettendo: «La vicenda ovviamente non è chiusa qui, li aspettiamo in Senato». «La vicenda Visco non è affatto conclusa», assicura Castelli. «La cosa non finisce qui, li costringeremo a un grande dibattito sotto gli occhi del Paese», rincara Schifani.

«Rimane il giudizio sull’illegittimità politica dell’intervento di Visco sulla Guardia di finanza, e si aggiunge la vergogna della rimozione di Speciale», spiega D’Onofrio. Insomma, col passo “spontaneo” di Visco, il governo ha forse evitato di andar sotto mercoledì al Senato. Ma non ha affatto evitato la tempesta, che in termini politici rischia invece di farsi ancor più devastante.

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