Luca Telese
da Roma
Il grande accordo della Rai ha un regista, Giuliano Urbani, uomo di Forza Italia nel Cda Rai, gran consigliere di Silvio Berlusconi, buon amico di Claudio Petruccioli. Ed è stato proprio grazie a questi ingredienti che lex ministro della Cultura è riuscito a trovare la quadra di una situazione a dir poco ingarbugliata, a predisporre la mossa che ha portato alla doppia designazione direttore generale-presidente.
Onorevole Urbani, è soddisfatto di questo piccolo capolavoro diplomatico? Sembrava una partita impossibile, invece...
«Guardi, il merito, ovviamente è tutto del Presidente Berlusconi: si è fidato, ha deciso di rischiare, ha scommesso su un accordo».
Sì, ma non faccia il modesto. Non è un mistero per nessuno che quella di Petruccioli sia una sua idea: cè una «lobby umbra» alla Rai?
«Ah, ah, ah... Guardi, se è per questo cè anche Petroni che è perugina come me, Petruccioli credo che sia originario di Foligno... effettivamente siamo umbro-centrici».
Ma quando è nato il suo feeling con il senatore diessino?
«Non me lo faccia dire. Credo che ci conosciamo ormai da trenta cinque anni....».
Eravate insieme alle elementari?
«Be, magari: siamo un po grandicelli tutti e due. Però laneddoto è divertente. Io ero un giovane liberale, lui un comunista a tutto tondo, e loro entrarono nellUgi per prenderne il controllo, io ne uscii per non farmi egemonizzare. Ecco, per una breve parentesi, fra la loro scalata e la mia defenestrazione siamo stati nella stessa organizzazione».
Il primo ricordo dellincontro Petruccioli-Urbani?
«Guardi, il primo incontro non lo saprei individuare. Ma non potrò mai dimenticare il combattutissimo congresso di Palermo, nel 1961. Io ero biondo e riccioluto...».
....e lui ancora senza occhiali?
«No, a dire il vero... eh, eh, eh, li aveva già, credo, E anche spessi. Io feci un intervento di fuoco e lui altrettanto, dicendo cose opposte».
Come esordio non cè male, per una grande amicizia.
«Negli anni Settanta ci vedevamo grazie a Lucio Colletti, che era amico di entrambi. Claudio aveva una formazione filosofica, credo che fosse assistente di Galvano Della Volpe, discutevamo di politica e idee, Claudio era per un rapporto organico, io come è noto ero più liberale».
Poi negli anni novanta vi siete ritrovati in Parlamento insieme...
«Sì, in Bicamerale. Ci vedevamo a Milano, per scambiarci le nostre idee sulla situazione politica, per capire cosa accadeva nella Quercia».
Insomma, lei faceva contro-spionaggio in casa diessina?
«Mannòooo! Diciamo che era curiosità reciproca di capire cosa accadesse in casa altrui».
Insomma, se le cose vanno male per lei sarà una tragedia...
«Ma perché dovrebbero? So che nellincontro con Berlusconi Claudio ha detto una cosa molto bella: Non potrei mai concepire di avere unostilità pregiudiziale contro il direttore generale. Credo che il presidente abbia apprezzato molto questo modo di impostare le cose».
Ma quanto è stato difficile ottenere il consenso nel Cda?
«Credo che la premessa di questo accordo sia stato il blitz in cui abbiamo votato, 5 a 3, la nomina di Meocci».
Si vis pacem para bellum?
«In qualche modo: bisognava affermare lesistenza di una maggioranza determinata e compatta, prima di trovare un accordo con lopposizione».
Cosa ha convinto definitivamente il Cavaliere?
«Il clima che stiamo vivendo. Di fronte alla minaccia terrorista bisognava trovare una via per collaborare anche a viale Mazzini».
Addirittura?
«Ma lei sa che le autorità di sicurezza ci hanno già allertato perché la Rai garantisca il funzionamento della Radio? In caso di black out i televisori non servono a nulla mentre le radioline funzionano anche a pila».
E ai pacchi di Affari tuoi Fazio ci andrà lo stesso?
«Questa è una prerogativa del direttore di rete, non è nostra competenza.
E i rapporti con Cattaneo?
«Aveva un contratto a termine legato allaltro Cda, sapeva che il suo mandato era questo. Spero che si trovi una soluzione concorde, nellinteresse dellazienda».
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