Ecco perché sui consumi l’Istat dà i numeri

Oramai siamo abituati al fatto che per l’Istat i dati della nostra economia sono tendenzialmente brutti. Quindi non stupisce che esso descriva come «crollo dei consumi» la flessione dell’1,7% della spesa media delle famiglie italiane nel 2009 rispetto al 2008. Il tasso di inflazione del 2009 è stato basso, perché i prezzi internazionali delle materie prime e del petrolio si erano sgonfiati e la distribuzione commerciale grande, piccola e media aveva ridotto i suoi margini, che all’epoca del cambio dalla lira all’euro si erano molto gonfiati. Sommando il tasso di inflazione alla riduzione della spesa media si ha, fra il 2009 e il 2008 una diminuzione del 2,5% della spesa in termini di eguale potere di acquisto. Ma scendendo al dettaglio si vede che questo 2,5 è più apparente che reale. Intanto bisogna precisare che la spesa media mensile delle famiglie italiane differisce sensibilmente nelle tre grandi ripartizioni geografiche del Nord, del Centro e del Sud. Nel Nord la spesa media mensile delle famiglie che era di 2.810 euro nel 2008 è diminuita nel 2009 a 2.768 euro, con una riduzione di 42 euro. Nel Centro di Italia che ha una spesa media mensile delle famiglie un po’ minore che nel Nord, la riduzione (...)
(...) di essa, fra il 2008 e il 2009 è stata solo di 32 euro, poco più di un euro al giorno, calando da 2.558 a 2.523 euro. Nel Meridione la spesa media mensile delle famiglie è molto più bassa che nel Centro Nord e si è ridotta in cifre assolute, di più, ossia di 52 euro, passando dai 1.950 del 2008 ai 1.998 del 2009.
Il dato della riduzione, in percentuale, è del 2,7%, un punto di più di quello della media nazionale. E sommando ad esso il tasso di inflazione dello 0,8, la minore spesa, in potere di acquisto costante, risulta del 3,5%. Tuttavia questi dati, che a prima vista fanno impressione hanno bisogno di un chiarimento, per essere apprezzati nel loro vero significato. La spesa per consumi non misura tutto il consumo, misura solo quello effettuato sul mercato. E nel Mezzogiorno di Italia la quota di autoconsumo, cioè di consumo fatto al di fuori del mercato è molto elevata. Non mi riferisco all’economia sommersa, che pure esiste, ma all’economia della famiglia, effettuata con le proprie risorse agricole e forestali e della pesca e con il lavoro domestico nell’abbigliamento e nelle manutenzioni.
Ora l’Istat medesimo nel commento alle sue rilevazioni, con riguardo ai consumi alimentari delle famiglie spiega che la riduzione dei consumi di questo genere, nel Mezzogiorno, in larga parte è dovuta alla diminuzione delle famiglie che si approvvigionano sul mercato. Il che è logico. Se diminuiscono i posti di lavoro ufficiali, si accresce il lavoro per l’autoconsumo. Proseguendo nella analisi di questi dati si trovano altre sorprese. La prima consiste nel fatto che i consumi alimentari, nel 2009, nella realtà, sono rimasti eguali a quelli del 2008. Infatti essi su scala nazionale, mensilmente, sono passati da 475 euro a 461, ma, come informa l’Istat questa diminuzione di 15 euro mensili, mezzo euro al giorno, è per il 75% delle famiglie puramente dovuta alla riduzione dei prezzi. Per il restante 35% invece dipende da riduzioni di quantità o qualità o di entrambi (due terzi dei casi). E in gran parte la diminuzione in termini reali ha luogo nel Meridione, ove però aumenta il numero di famiglie che non fa consumi di mercato in questo ambito. Dunque, in sostanza, i consumi alimentari degli italiani non si sono ridotti.
Passando ai consumi extra alimentari le sorprese si accrescono. Infatti, a livello nazionale la spesa in questo ambito passa da 2.009 euro nel 2008 a 1.981 nel 2009, con una riduzione di 28 euro mensili, poco meno di un euro al giorno. Ma scorrendo la lista dei vari capitoli di consumo si vedono andamenti diversi. Una flessione vi è, sia pure limitata, nella spesa per i tabacchi, essendo diminuito il numero dei fumatori. Un altro capitolo di spesa in diminuzione è quello dell’abbigliamento e calzature. E qui vi è stata certamente una flessione di consumi dovuta a necessità economica. Ma ci sono stati anche sconti dei venditori e un’area di economia sommersa, che si sta dilatando. Un terzo settore in cui ci sono state riduzioni di spesa è quello dei trasporti. E considerando che nel 2009 ci sono stati gli ecoincentivi e gli sconti per gli acquisti da parte delle case automobilistiche per forzare il mercato, una parte di questa minore spesa non è tale in termini reali, ma è a carico dello Stato e dei venditori. Infine è aumentata la spesa per la casa, perché sono aumentati gli affitti.

Ma oltre due terzi degli italiani non sono in affitto, hanno una casa propria per la quale l’Istat calcola un affitto figurativo, che non è una spesa. Dunque ci sarà pure stata la flessione dei consumi, ma guardando dentro i dati non se ne vede molta.

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