Ecologica, nuova, rifatta o politicamente scorretta La seconda vita della pelliccia

Molti stilisti, da Stella McCartney a Gucci, da Armani a Klein a Zara e Hugo Boss propongono la versione «green»

«Ogni donna dovrebbe avere quattro animali nella sua vita: un visone nell'armadio, una Jaguar in garage, una tigre nel letto e un asino che paghi per ogni cosa».

Il mondo dell'attrice Zsa Zsa Gabor fu popolato da nove mariti, innumerevoli flirt, case da ereditare e visoni. Sì, visoni perché le regalavano quell'allure regale e potente che tutte le donne sognano. Quell'allure della regina Nefertiti, che si pavoneggiava coperta di pelle di leopardo nonostante il clima non proprio nordico dell'antico Egitto, e di tante dame che all'epoca di Marco Polo non esitavano a spendere l'equivalente di un palazzo intero per le pelli di ermellino necessario a confezionare sontuosi mantelli mouchetés. Fino a tutto il Settecento la pelliccia rimase appannaggio dei potenti e persino editti ne vietavano l'uso ai borghesi. Ma la scoperta e lo sfruttamento della riserva di pelli pregiate del Nord America permise una certa diffusione e nella seconda metà dell'Ottocento il parigino Révillon dette vita alla pellicceria moderna: confezionava, infatti, le pelli come il tessuto, seguendo cartamodelli copiati dai grandi sarti della haute couture.

Così la pelliccia diventa un lussuoso capospalla, interprete di eleganza e status symbol femminile per eccellenza, una novità che finisce persino nel romanzo erotico di Leopold von Sacher-Masoch, «Venere in pelliccia» (1870), forse perché proprio quel capo riportava a galla l'istinto primitivo dell'essere umano, insieme al piacere sensoriale di un cocoon antico e mai dimenticato.

Dal secolo scorso a oggi la creatività dei sarti pellicciai ha esaltato la bellezza delle pelli con intarsi, tinture e lavorazioni artigianali uniche, come quelle italiane di Dellera, Annabella, Ravizza e Fendi, che ha trasformato la pelliccia in un capo moderno elaborato con tecniche di concia sofisticate, fino a creare modelli simili ad abiti. Però, negli anni '80, l'esagerazione degli impellicciati da capo a piedi, come Joan Collins nella soap opera Dinasty, aprirono la strada alla controversia sul sistema pelliccia, tanto che oggi molto stilisti, da Stella McCartney a Gucci, passando per Calvin Klein, Armani, Tommy Hilfiger, Ralph Lauren, Zara e Hugo Boss, hanno abbracciato la «fur free policy», l'ecopelliccia.

Ma vera o finta che sia, la pelliccia è tornata un classico imprescindibile dell'abbigliamento invernale. A pelo lungo, corto o rasato, non è più antiesteticamente goffa, perché resa leggera da particolari lavorazioni. Proposta in versione over, maxi gilet e bomber, come accessorio (borse, scarpe, cappelli) e dettaglio su abiti e cappotti (collo, manicotto, orli, risvolti), va alla grande soprattutto se stravagante, colorata (verde, rossa, arancio, rosa, blu) o intarsiata, da indossare anche di giorno con jeans e scarpe basse.

Per quanto riguarda i modelli, le donne minute stanno bene con quelli essenziali, corti e avvitati, per non scomparire nella coltre irsuta, mentre quelle più slanciate possono permettersi di indossare capi più ampi e abbondanti, le «pellicce delle nonne».

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