Non vorrei essere nei panni dei vigilantes di Bankitalia che dimostrano di sbagliarsi comunque si muovano. Non più tardi di due settimane fa, prima dell'ultima sentenza della Corte d'Appello di Firenze, il presidente della Commissione d'inchiesta parlamentare sulle banche, Pierferdinando Casini, aveva dichiarato, in un'intervista, a parziale giustificazione del comportamento degli sceriffi di Via Nazionale, che, in certi casi, l'organo di controllo dell'istituto centrale era stato deliberatamente tenuto all'oscuro. E aveva proprio fatto l'esempio del Monte dei Paschi. Così aveva detto, testualmente, l'ex presidente della Camera al Mattino di Padova: «Certo, rimane da sottolineare il fatto che nessun sistema di controllo è in grado di impedire che si commettano reati. In realtà molte delle situazioni sono state occultate ai vigilanti in maniera volontaria e ripetuta. Quando, ad esempio, per Mps alcuni contratti venivano chiusi in una cassaforte, nascosti ai controllori, alla struttura stessa della banca e al Cda, di cosa vogliamo parlare?». È, invece, proprio il caso di riparlarne perché, non più tardi di giovedì scorso, sono stati assolti i tre dirigenti che erano alla guida di Rocca Salimbeni (l'ex presidente Giuseppe Mussari, il suo direttore generale Antonio Vigni e il direttore dell'area finanza, Gianluca Baldassarri) che in primo grado erano, invece, stati condannati a tre anni e mezzo di reclusione. Il motivo delle assoluzioni? I vertici Mps non avevano tenuto nascoste alla Vigilanza le operazioni condotte con la giapponese Nomura dopo le voragini contabili create dall'emissione del derivato Alexandria. E la sentenza in appello è, per giunta, arrivata all'indomani della richiesta d'archiviazione presentata dalla Procura di Milano - per le stesse presunte omissioni verso Bankitalia - nei confronti di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, cioè i due dirigenti che erano succeduti a Mussari al vertice della stessa banca. E, allora, mi chiedo: cosa dovrebbe dire, oggi, Casini? Se, quindici giorni fa, il numero uno della Commissione d'inchiesta aveva definito sconfortante la situazione nel mondo del credito, cosa sarebbe costretto a sostenere dopo avere anche lui scoperto che l'alibi della Banca d'Italia sui documenti tenuti nascosti alla Vigilanza è crollato come un castello di carte? Per cercare di difendersi, l'istituto centrale potrà, magari, parlare dei due pesi e delle due misure usate dalla magistratura (troppo severa in certi casi, come insegna la vicenda Dell'Utri, troppo clemente in altri), ma la verità è che, oggi più che mai, il re (il governatore Visco) è nudo. A rifletterci bene, la sentenza della Corte d'Appello di Firenze appare anche come una batosta per tutti i piccoli risparmiatori buggerati: finora potevamo sempre sperare che, dietro a molte operazioni piuttosto discutibili, per non dire peggio, raggiri o presunti tali, c'era stato il mancato controllo, per colpe non sue, dell'istituto centrale.
Se adesso scopriamo, invece, che Bankitalia sapeva tutto su Mps, la punta dell'iceberg dei crac bancari, è davvero legittimo chiedersi come possiamo essere, in qualche modo, tutelati. E, a questo punto, sarebbe proprio il caso che Visco dicesse la sua: se ci sei, batti un colpo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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