Nell'encomiabile sforzo di venire incontro alle persone che stanno «soffrendo per l'inflazione, specie quelle più vulnerabili ed esposte come i pensionati a basso reddito», Christine Lagarde si traveste da crocerossina. La Bce continua imperterrita ad alzare i tassi, incasellerà un altro giro di vite da 50 punti base il 23 marzo prossimo («Molto probabile») finendo per appesantire ulteriormente le rate dei mutui, ma non c'è problema: l'Eurotower non vuole «distruggere l'economia», e una soluzione facile-facile la si trova. Anzi, già c'è. È contenuta nel bigino consegnato ai boccheggianti mutuatari, causa apnea finanziaria (3.600 euro in più da pagare dall'avvio della stretta, in base ai calcoli del Codacons), dalle mani offerenti della presidente della banca centrale. «Sono sicura che molte banche sono pronte a rinegoziare» i prestiti; «è nel loro interesse, non vogliono dei crediti non pagati nei loro bilanci».
Ottimo. Ma è davvero così semplice? Basta la moral suasion di Madame Bce e lo spauracchio delle sofferenze per trasformare una banca da soggetto che ti dà l'ombrello quando c'è il sole e lo rivuole quando piove (copyright Mark Twain) in un buon samaritano? In Italia pare sia un po' più complicato. L'Abi ha di recente ricordato i paletti (tanti) che delimitano la possibilità di rimettere in discussione le condizioni che regolano i mutui sottoscritti: Isee non oltre i 35mila euro; mutuo non superiore ai 200mila euro; non aver mai sgarrato con il versamento delle rate; contratto per l'intera durata a tasso indicizzato. Ora, già il tetto fissato a 35mila euro restringe di molto la platea di quanti potrebbero rinegoziare, poiché quasi la totalità dei mutui è cointestato e il calcolo Isee viene quindi fatto su una doppia capacità reddituale e patrimoniale. Inoltre, nel nostro Paese il 75% dei mutui per la prima casa è a tasso fisso, una scelta per anni incoraggiata dalla politica dei tassi (sotto)zero praticata dalla stessa Bce quando il babau era la deflazione.
Pare, insomma, di capire che la realtà sia un po' più matrigna rispetto all'edulcorata narrazione lagardiana e che il patteggiamento sia su un binario morto, o quasi. Per dire la verità resterebbe la soluzione prospettata in Italia e Spagna da alcune forze politiche di creare un tetto oltre il quale i tassi non possono salire, ma è un orecchio da cui l'ex Fmi non ci sente: si tratta di una materia «fra creditore e debitore. Sono sicura che molte banche sono pronte a riconsiderare le condizioni del prestito. E non per beneficienza», ma «perché è nel loro interesse avere debitori sani».
Se resta da capire l'ostilità al tax cup, non stupisce invece che la richiamata vicinanza ai «pensionati a basso reddito» sia accompagnata dal «no» risoluto contro ogni forma di indicizzazione degli assegni di quiescenza. «Non ci ha aiutato in passato e ha contribuito ad alimentare un'inflazione fuori controllo», spiega la Lagarde. Qui è tutto chiarissimo.
Cristallino: non fu forse Christine a ordinare nel 2018 all'Fmi il codice rosso contro l'Italia? Lo fece: con un documento (titolo: «Verso una riforma fiscale amichevole», sic!) in cui chiedeva a Roma di ricalcolare le vecchie pensioni col metodo retributivo o di tagliare le tredicesime. Sempre stando dalla parte dei più vulnerabili, "ça va sans dire".
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