Bolloré nei guai per Tim passa Vivendi a Yannick

Il finanziere lascia la presidenza: «Per investire così serve coraggio». Risale lo scontro con Elliott

Bolloré nei guai per Tim passa Vivendi a Yannick

Accerchiato da partite spinose e cocenti delusioni, Vincent Bolloré lascia, a sorpresa, la presidenza di Vivendi al figlio Yannick. Il passo indietro è avvenuto all'assemblea dei soci del gruppo francese che in Italia è azionista di riferimento di Telecom (23,9%) e ha il 28,8% di Mediaset, alle spalle di Fininvest.

La Borsa di Parigi ha salutato la mezza ritirata di Bolloré spingendo Vivendi al rialzo: +3,4%. Ufficialmente il finanziere bretone lascia per motivi generazionali. Yannick, classe 1980, è molto più vicino per età alle élite mondiali, a partire dal presidente Emmanuel Macron. «È l'ultima assemblea che presiedo. Va lasciato spazio ai giovani», ha detto Bolloré, 66 anni, affermando di non voler fare come il re Sole che, dopo un regno di 5 decadi, cedette il potere al bis-nipote. L'uomo d'affari resta alla guida della holding di famiglia, cui fa capo Vivendi.

L'ultima stagione del raider bretone non è stata particolarmente fortunata, soprattutto sul fronte italiano dove bruciano le minusvalenze potenziali di 1,5 miliardi circa (Tim è in carico a un prezzo medio di 1,08 euro; Mediaset a 3,27 euro). Cui si aggiunge la causa intentata dalla galassia Fininvest-Mediaset (che hanno chiesto danni fino a 3 miliardi) per il mancato acquisto di Premium. E anche le autorità italiane sono scese in campo contro il finanziere.

Eppure, ieri, lo shopping in Italia è stato difeso dall'intero vertice di Vivendi. Bolloré ha evidenziato come gli investimenti nella Penisola abbiano sempre suscitato critiche, sin dall'ingresso in Mediobanca: «Tutto questo fa parte delle cose della vita, bisogna essere coraggiosi» anche perché «è alla fine della fiera che si contano gli animali». Arnaud de Puyfontaine, ad di Vivendi e presidente di Tim, ha sostenuto che «ogni governo sarebbe felice di avere un gruppo come Vivendi che investe più di 5 miliardi nel Paese». «Le relazioni con l'esecutivo sono buone». Eppure, pochi giorni fa, il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda ha definito Vivendi un «pessimo azionista» per Telecom. E Cdp è già entrata nel gruppo tlc (4,2%) per appoggiare Elliott e il possibile ribaltone al vertice, oggetto dell'assemblea del 24 aprile.

La guerra tra Vivendi ed Elliott per Tim ha visto ieri una nuova escalation. Il fondo di Paul Singer ha definito le posizioni di Vivendi «prive di sostanza», ricordando il crollo in Borsa di Telecom dall'ingresso dei francesi (-35%), «i ripetuti passi falsi strategici», la «governance inappropriata» e «i numerosi conflitti di interesse». «Vivendi - ha detto Elliott - è solo l'azionista più grande in Tim, ma i suoi interessi non sono più importanti di quelli degli altri».

De Puyfontaine ha replicato: critiche «contrarie alla realtà dei fatti». In Borsa Telecom ha chiuso a 0,86 euro (+1,4%). Quanto a Mediaset un portavoce Vivendi ha detto: «Non è finita. Siamo molto pazienti. Non c'è fretta».

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