Le speranze che il 2020 porti un felice anno nuovo per l'economia globale sono già svanite.
Da una sommaria analisi delle cifre e dei dati complessivi si deduce che il settore manifatturiero - produttivo mondiale si è quasi fermato nell'ultimo mese dello scorso anno.
L'indice manifatturiero di JP Morgan è sceso a 50,1 a dicembre, dal 50,3 di novembre, per rimanere solo marginalmente al di sopra della linea di galleggiamento 50,0 che separa l'espansione dalla contrazione.
Secondo diversi analisti, i deboli flussi commerciali internazionali pesano sulla performance complessiva, con le commesse delle esportazioni che hanno registrato un ulteriore calo.
"Il rilancio per evitare la contrazione potrà essere delineato da nuovi ordini di esportazione che dovrebbero accelerare la ripresa all'inizio del nuovo decennio", ha avvertito Olya Borichevska, vicepresidente del dipartimento di ricerca economica globale di JP Morgan.
La scia della guerra tariffaria di Donald Trump deprime le prospettive per il commercio e soprattutto la fiducia degli economisti e di molte delle principali banche di investimento del mondo.
David Mann, capo economista globale di Standard Chartered, ha affermato che, pur rimanendo fiducioso sul miglioramento delle relazioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, qualsiasi inversione di tendenza in senso negativo sarebbe un ostacolo insormontabile per la crescita nel 2020, che si attesterebbe al 3,3%.
Il fenomeno della deglobalizzazione dal punto di vista del commercio – sostiene Mann – è una delle cosiddette "tre D", dopo debito e demografia.
La crescita demografica è ben nota - anche se nessuno l’ha adeguatamente affrontata secondo criteri economici - e il vasto onere del debito globale di circa $188 trilioni è improbabile che sia un problema a livello macroeconomico quest'anno poiché i tassi di interesse rimangono bassi.
Ma la deglobalizzazione si sta rivelando una grave minaccia per l'economia globale.
Societe Generale (Soc Gen) ha avvertito che la globalizzazione finanziaria è a un "punto di svolta", evidenziando la possibilità di stagnazione e persino un lento declino dei legami di produzione tra le economie.
Soc Gen, che prevede un rallentamento della crescita globale dal 3,2% al 3,1% tra il 2020 e il 2021, afferma che la globalizzazione finanziaria ha rallentato in modo significativo. I flussi di capitali transfrontalieri annuali sono diminuiti di oltre il 60% rispetto al picco del 2007.
Esiste un problema simile con il commercio di merci. Secondo l'Organizzazione Mondiale del Commercio, i suoi Stati membri hanno messo in atto misure di protezione per $747 miliardi di merci nell'anno fino a ottobre, con un aumento annuo del 27% e il maggiore dal 2012.
"Livelli storicamente elevati di misure restrittive del commercio stanno danneggiando la crescita, la creazione di posti di lavoro e il potere d'acquisto in tutto il mondo", ha avvertito il suo direttore generale, Roberto Azevedo.
ING Group ha avvertito che la crescita dei volumi degli scambi di merci risulta negativa nel 2019, diminuendo dello 0,2 per cento con un rimbalzo previsto di appena lo 0,9 per cento nel 2020.
Joanna Konings, senior economist della banca con delega su questioni commerciali internazionali, ha affermato che la firma di un accordo di "fase uno" tra Stati Uniti e Cina ha contribuito a evitare un ulteriore aumento delle tensioni commerciali e alcuni aumenti delle tariffe, ma ha aggiunto che non ha del tutto “tolto il freno al commercio mondiale”, lasciando in vigore molte tariffe e questioni complesse che continuano a incombere pesantemente sulla testa dei prossimi negoziatori nel 2020.
Nel mese di ottobre, inoltre, il FMI ha ridotto le sue previsioni di crescita nel 2020 dal 3,5% al 3,4%.
Al momento tutti gli occhi son puntanti sull’aggiornamento delle previsioni, previsto per la fine di questo mese, per sapere se i vari policy maker possano brindare al nuovo anno o aspettare tempi migliori.
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