L’inflazione pesa anche sulle spalle di chi riceve una pensione e il governo ha approntato un piano per rivalutarle a partire dal 2023, assumendosi un costo che varia tra i 10 e i 12 miliardi di euro.
Gli adeguamenti attuati dall’Inps riflettono il tasso di inflazione registrato durante l’anno precedente, in questo caso il 2022, periodo nel quale l’inflazione potrebbe arrivare a seconda delle stime, fino al 6,8%. Per contestualizzare meglio, l’inflazione del 2021 è stata misurata in ragione dell’1,9%.
Gli assegni Inps da gennaio 2023
Considerando l’inflazione al 6,8% una pensione da 1.000 euro verrebbe aggiornata a 1.068 euro e una da 2.000 euro a 2.136. Si tratta, rispettivamente, di un adeguamento mensile di 68 euro nel primo caso e di 136 nel secondo caso.
Si tratta di cifre di un certo rilievo, considerando che un aumento mensile di 68 euro si traduce in 816 euro l’anno che diventano 1.632 per gli assegni da 2.000 euro.
Durante il mese di gennaio del 2023 dovrebbe scattare anche il conguaglio sull’inflazione del 2021, un adeguamento pari allo 0,2%, poiché calcolate su un aumento dei prezzi dell’1,7% che poi è cresciuto all’19,9%.
Il Corriere della Sera fa notare che l’inflazione contribuisce alla rivalutazione dell’ammontare contributivo del singolo cittadino e che questo avrà un effetto sulle pensioni future che dovrebbero diventare più corpose.
Il supporto dell’esecutivo
Alla fine del 2021 l’Inps ha riportato un disavanzo di 904 milioni di euro e, mentre si cerca un modo per risollevarne le sorti di bilancio, lo Stato è chiamato a mettere sul piatto una cifra almeno pari a 10 miliardi nel 2023 che diventerebbero 16 miliardi nel 2024 e che, nel 2025, crescerebbe fino a 20,6 miliardi di euro.
Questo in attesa che il sistema pensionistico venga rivisitato, anche sulla scorta di alcune indicazioni fornite dal presidente dell'Inps Pasquale Tridico
che immagina tre modalità di intervento, compreso l'allestimento di un sistema che riconoscerebbe la pensione secondo la quota contributiva a 63 anni di età per adeguarsi alla quota retributiva a partire dai 67 anni di età del contribuente.
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