L'ingresso di Generali in Cattolica con il 24,46% del capitale ha sollevato alcuni punti interrogativi. Il gruppo del Leone ha investito 300 milioni nell'assicurazione veronese attraverso un aumento di capitale riservato, effettuato a ottobre, che valutava Cattolica 5,55 euro per titolo. Ai prezzi di chiusura di venerdì scorso (3,97 euro) in Piazza Affari, la stessa partecipazione vale 170 milioni circa. A sua volta Cattolica, per dare seguito alla richiesta di trasformazione in società per azioni (efficace dal primo aprile), ha dovuto sborsare 112 milioni per il recesso ai propri azionisti.
Non solo. La partnership con Trieste ha avuto come conseguenza indiretta la fine dell'accordo di bancassurance con Ubi, Lombardia Vita, (Cattolica ha concorso con il suo 1% del capitale in Ubi al successo dell'Opas di Intesa Sanpaolo in seguito al quale l'accordo è stato risolto), mentre per quanto riguarda la partnership con Banco Bpm in Vera Vita e Vera Assicurazioni, la banca milanese ha esercito il diritto di acquisto sul 65% delle joint venture a condizioni sfavorevoli per Cattolica, contestandone il cambio di controllo. Cattolica a sua volta ha rispedito al mittente le contestazioni, minacciando una battaglia legale e stimando 500 milioni di danni. Al momento, a quanto risulta, sono in corso trattative. Per Philippe Donnet, ad di Generali, «Cattolica è un deal molto buono dal punto di vista finanziario e strategico per Generali e creerà valore per entrambe le compagnie». Ma il titolo è lontano dai 5,55 euro riconosciuti da Generali nella prima tranche della ricapitalizzazione. Con la seconda tranche della ricapitalizzazione da 200 milioni sarà pubblicato il prospetto (la normativa prevede l'esenzione in caso di operazione riservata) che potrebbe dare risposta alla performance poco entusiasmante di Cattolica in Borsa. Una performance penalizzata dal rischio di diluizione, conseguente alla ricapitalizzazione e dalla richiesta di Ivass di vendere, entro fine anno, i titoli rivenienti dal recesso (20,7 milioni pari al 9% circa del capitale).
Ma ci sono altri nodi da sciogliere. Sul principale, quello legato alle problematiche di governance e alla richiesta di discontinuità imposta dall'Ivass, i lavori sono già in corso. Una settimana fa Paolo Bedoni, storico presidente del gruppo, ha fatto un passo indietro dal comitato nomine (così come il vicepresidente Aldo Poli), annunciando che alla prossima assemblea lascerà.
Cattolica ha un solvency ratio vicino al 200%. L'attesa del mercato è ora per il prospetto, che potrebbe evidenziare i rischi pendenti in relazione all'indagine avviata nel dicembre 2019 da Consob; all'indagine aperta la scorsa estate dalla Procura di Verona sull'ipotesi di reato di illecita influenza sull'assemblea da parte dei vertici del gruppo e, infine, di business. Gli analisti poi si attendono indicazioni precise sulle quattro aree di partnership previste dall'accordo quadro con Generali, che da sole potrebbero ripagare l'investimento del Leone.
Non manca chi si chiede se altri, oltre a Banco Bpm, potrebbero far leva sull'ipotizzato cambio di controllo contestato dall'istituto per rivedere gli accordi. Oltre alle joint venture con il Banco, Cattolica ha un asse con Iccrea.
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