Scuole chiuse per emergenza coronavirus e bimbi a casa. Il tempo di questa vacanza forzata, e certamente non gradita visto il motivo, potrebbe essere lungo. Ufficialmente i cancelli degli istituti resteranno sbarrati fino al 15 marzo ma nelle ultime ore non si è esclusa la possibilità di lasciare i banchi vuoti fino all’inizio di aprile. Se così fosse, i piccoli da chi sarebbero accuditi? Un bel problema per le mamme ed i papà. Il governo starebbe valutando un piano per aiutare i genitori in difficoltà che dovrebbe essere messo in campo la prossima settimana: allo studio ci sarebbe un congedo parentale straordinario e, forse, i voucher per le baby sitter.
Il ministro della Famiglia, Elena Bonetti, ha spiegato: "Sto pensando alla possibilità di un sostegno per i costi delle baby sitter, con i voucher, si tratta di proposte per le quali ci sono in corso valutazioni economiche. Anche i nonni che sono così preziosi nel welfare della nostra società vanno tutelati, quindi dobbiamo dare anche la possibilità di evitare troppo contagio tra i bambini e i nonni, con congedi straordinari per i genitori. Sono misure che si dovranno attivare fin da ora".
Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, i congedi dovrebbero riguardare almeno uno dei due genitori lavoratori e dovrebbe essere esteso anche ai coniugi degli operatori sanitari impegnati nell’emergenza coronavirus. Per i lavoratori dipendenti si sta pensando a un congedo straordinario che, nella forma, sarà diverso sia dal congedo parentale, considerato troppo costoso, che da quello per malattia che potrebbe creare problemi nel caso di cumulo con altri giorni di assenza.
La viceministra dell’Economia, Laura Castelli ha sottolineato che l’esecutivo sta"definendo una norma che prevede la possibilità per uno dei genitori di assentarsi dal lavoro per accudire i figli minorenni". Attualmente il congedo parentale può essere richiesto dal padre o da una madre, anche adottivi. Sono esclusi dall’indennità i genitori disoccupati o sospesi, i lavoratori domestici e a domicilio.
I genitori devono essere, come si legge sul sito dell’Inps "in costanza di rapporto di lavoro". Se il rapporto di lavoro però cessa all’inizio o durante il periodo di congedo, il diritto al congedo viene meno dalla data di interruzione del contratto. Il periodo massimo complessivo di congedo è di 10 mesi. I mesi però salgono a 11 se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di almeno tre mesi. I 10 mesi possono essere fruiti dai genitori anche contemporaneamente.
Considerato il limite previsto, l’Inps specifica che il diritto di astenersi dal lavoro spetta alla madre lavoratrice dipendente per un periodo continuativo o frazionato di massimo sei mesi. Inoltre, al padre lavoratore dipendente per un periodo continuativo o frazionato di massimo sei mesi che possono diventare sette in caso di astensione dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di almeno tre mesi. Il diritto spetta, altresì, al padre lavoratore dipendente, anche durante il periodo di astensione obbligatoria della madre, a partire dal giorno successivo al parto, e anche se la stessa non lavora e al genitore solo (padre o madre) per un periodo continuativo o frazionato di massimo dieci mesi.
Il diritto al congedo parentale spetta alle stesse condizioni per ogni bambino presente in famiglia. La legge 228 del 24 dicembre 2012 prevede anche la possibilità di frazionare a ore il congedo ma ha rinviato alla contrattazione collettiva di settore il compito di stabilire le modalità di fruizione e i criteri di calcolo della base oraria.
"Quei genitori lavoratori, nel pubblico e nel privato, che oggi stanno riorganizzando la loro vita e quella dei loro figli in funzione dei provvedimenti assunti dal Governo per impedire o ritardare il diffondersi dell’emergenza da coronavirus, devono sapere – ha sottolineato il ministro delle politiche Agricole Teresa Bellanova – di avere a disposizione l’istituto dei congedi parentali, strumento rafforzato e ampliato dal Jobs Act del governo Renzi per sostenere la conciliazione vita-lavoro".
Ai genitori lavoratori dipendenti che usufruiscono del congedo parentale spetta un’indennità pari al 30% della retribuzione media giornaliera. La somma viene calcolata in base alla retribuzione del mese precedente l’inizio del periodo di congedo, entro i primi sei anni di età del bambino, o nel caso di minore adottato o in affidamento, e per un periodo massimo complessivo di sei mesi. Nel caso di piccini di età dai 6 anni e un giorno agli 8 anni, o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento, l’indennità pari al 30% della retribuzione media giornaliera spetta solo se il reddito individuale del genitore richiedente è inferiore a 2,5 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione ed entrambi i genitori non ne abbiano fruito nei primi sei anni (o per la parte non fruita anche eccedente il periodo massimo complessivo di sei mesi). Nessuna indennità, invece, dagli otto anni e un giorno ai 12 anni di età del bambino o dall’ingresso in famiglia del minore in caso di adozione o affidamento.
L’Inps chiarisce che il diritto all’indennità si prescrive entro un anno e decorre dal giorno successivo alla fine del periodo indennizzabile.
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