Parte oggi la prima Opa ostile di una banca straniera su un istituto italiano. Credit Agricole (o meglio la sua controllata Credit Agricole Italia) ha messo sul piatto sul 737 milioni (pari a 10,5 euro per azione) per il Creval. Salvo proroghe, l'operazione si chiuderà il 21 aprile e, fino ad allora, sul mercato si attendono fuochi di artificio. Il cda del Creval ieri ha bocciato l'operazione a causa di un prezzo ritenuto «non congruo», mentre i soci stanno arroccandosi (come Dws salita in due settimane dal 3,1% al 6,48%) e prendendo posizione in vista della battaglia: Petrus Advisers (al 3%) rispedendo l'offerta al mittente; Algebris accordandosi con l'Agricole per apportare il suo 5,38% all'Opa.
Finora i francesi (già al 17,7% del Creval) hanno ribadito che il prezzo offerto è quello giusto, ma la Borsa crede in un rilancio: il Valtellinese ieri ha guadagnato lo 0,8% a 12,12 euro. Sul fronte politico, si è invece levata la voce di Giorgia Meloni, presidente di Fdi, secondo cui «appare davvero poco comprensibile» la rinuncia del governo al golden power sul Creval «anche a fronte della relazione del Copasir al Parlamento in cui si rilevava l'eccessiva presenza della finanza francese nel settore bancario».
La «valenza industriale» dell'operazione non è in discussione, ma nel corso di un incontro con la stampa, Luigi Lovaglio, ad di Creval, ha definito la banca un «gioiellino con un enorme valore» non sufficientemente riconosciuto dalla banque verte. Per i consulenti della banca (Bofa Securities e Mediobanca), Creval vale tra i 12,95 e i 22,7 euro per azione, quindi più di quanto offerto dall'istituto di Giampiero Maioli. Lovaglio ha ricordato i principali «frutti» del «processo di trasformazione virtuoso» avviato dal Creval nel giugno 2019: miglioramenti in termini di patrimonializzazione (l'indice Cet 1 si attesta al 23,9%) e di profilo di rischio (il rapporto dei crediti deteriorati sul totale dei crediti è al 5,8%), oltre a una maggiore attenzione a risparmio gestito, mutui e credito al consumo. Non solo. A giudizio del Valtellinese dovrebbero essere maggiormente valorizzati anche altri elementi in una prospettiva di fusione, come i crediti fiscali (Dta), che in caso di aggregazione potrebbero portare a un beneficio netto di 321 milioni, e risparmi sui costi.
«Riporto dati oggettivi» ha ribadito Lovaglio. Dati che hanno portato «una quota importante» di azionisti a preannunciare un «no»: si stima il 20-25% del capitale.
Ancora nessuna notizia da Denis Dumont (6,15%) che ha espresso la lista di maggioranza dell'attuale cda. «Al di là di quello che vorrà fare, è forte la sua fiducia nel cda» ha detto Lovaglio. Se poi l'Opa non andasse a buon fine, l'ad ha ammesso «un rischio potenziale sul valore dell'azione» ma «il tempo è galantuomo».
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