Crisi Evergrande, è giallo. Due creditori non pagati

Ipotesi taglio delle cedole, il secondo socio se ne va. E Fitch riduce le stime sul pil del Dragone

Crisi Evergrande, è giallo. Due creditori non pagati

Piegando la massima di Confucio per esigenze di copione, si potrebbe dire che in Cina «(Ever)grande è la confusione sotto il cielo, ma la situazione è tutt'altro che eccellente». Sul destino del colosso immobiliare, sommerso dai debiti e a un soffio dal default, il caos è infatti totale. Alimentato dall'atteggiamento opaco di Pechino, tentennante fra l'alternativa di lasciar affogare Evergrande e quella di proteggere l'ex gallina dalla uva d'oro per evitare guai peggiori all'intera economia. Del resto le difficoltà del mattone hanno indotto Fitch a tagliare le stime di crescita del Dragone per il 2021 dall'8,4% all'8,1%.

Il punto su cui prestare attenzione sono gli 83,5 miliardi di interessi, su un bond in dollari, che il gruppo di Shenzen avrebbe dovuto rimborsare giovedì. L'unico dato certo è che ieri alle 17, ora di Hong Kong, due obbligazionisti hanno detto di non aver visto il becco di un quattrino. Il mese di grazia ancora disponibile per saldare le pendenze non cambia la sostanza: Evergrande è, di fatto, già insolvente.

Ma l'assenza di comunicazioni ufficiali, unita a voci contraddittorie, non aiuta a far chiarezza. Il Wall Street Journal ha riferito che le autorità di governo hanno messo in guardia i funzionari locali dalla «possibile tempesta» che potrebbe scatenarsi in caso di crac di Evergrande, avvisandoli che un eventuale intervento avverrà solo in extremis per evitare una propagazione del contagio. Bloomberg rivela invece il pressing esercitato dalle autorità finanziarie sulla società affinché termini le opere incompiute e faccia fronte agli impegni con gli investitori offshore. Non è però chiaro se al gruppo sia stato concesso sostegno finanziario, né se sia stato suggerito di imporre perdite ai creditori. Questo è, peraltro, l'escamotage usato mercoledì scorso per trovare un'intesa con gli investitori cinesi che aspettavano una cedola da 232 milioni di yuan (circa 36 milioni di dollari). Un deal premiato dalla Borsa di Hong Kong, dove ieri il titolo ha guadagnato il 18%. L'accordo non è una buona notizia per gli investitori internazionali: l'haircut sui rendimenti e il differimento delle scadenze di pagamento potrebbero essere il prezzo salato da pagare per evitare un crac totale. Così da poter far fronte, da qui alla fine dell'anno, ai rimborsi per 640 miliardi legati a emissioni in dollari.

Nonostante il presidente del gruppo, Hui Ka Yan, abbia assicurato che «l'azienda cercherà di riprendere il lavoro e la produzione», il gruppo ha l'acqua alla gola, visto che non ha pagato gli stipendi di agosto della

controllata che produce auto elettriche. E il secondo socio di Evergrande, la Chinese Estates Holdings, saluta e se ne va: dopo aver liquidato lo 0,82%, ora si prepara a cedere anche il restante 5,6% della società immobiliare.

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