La crisi ha corroso il ceto medio: in Italia rischio banlieue parigine

Italiani sempre più vulnerabili: vincono cinismo e attendismo. Ci sono 8 milioni di persone che non fanno niente. E i capitali esteri fuggono

La crisi ha corroso il ceto medio: in Italia rischio banlieue parigine

Più diseguaglianze, meno integrazione, ceto medio corroso. Sono solo alcuni degli effetti più tragici della crisi economica che, secondo lo studio del Censis, ha messo in ginocchio il Paese. Sebbene infatti l'Italia abbia "fatto della coesione sociale un valore e si è spesso ritenuto indenne dai rischi delle banlieue parigine", le problematicità ormai incancrenite di alcune zone urbane "non possono essere ridotte ad una semplice eccezione".

Gli italiani temono la povertà

Il picco negativo della crisi è ormai alle spalle. Ne è convinto il 47% degli italiani, il 12% in più rispetto allo scorso anno nonostante i dati macroeconomici forniti dall'Istat e dalla Bce lascino presagire un 2015 nero. Per oltre il 60% può, infatti, capitare a chiunque di finire in povertà. "A prevalere ora - si legge nel 48° rapporto del Censis sulla situazione del Paese - è l’incertezza". Nel nostro Paese c’è una vulnerabilità diffusa tanto che il 60% degli italiani ritiene che possa capitare a chiunque di finire in povertà, quota che sale al 67% tra gli operai e al 64% tra i 45-64enni. Una delle conferme viene anche dal tasso di natalità: in Italia si fanno sempre meno figli, per otto su dieci è colpa proprio della crisi. Pensando al futuro, il 29,2% degli italiani è inquieto perché ha un retroterra fragile, il 29% in ansia perchè non ha una rete di copertura, il 24% dice di non avere le idee chiare perché tutto è molto incerto e solo poco più del 17% dichiara di sentirsi abbastanza sicuro e con le spalle coperte. Tra i giovani, poi, sale al 43% la quota di chi si sente inquieto e con un retroterra fragile e scende ad appena il 12% la quota di chi si sente al sicuro. L’incertezza sul futuro si riflette anche sulla gestione dei soldi da parte delle famiglie. A giugno 2014 è cresciuta fino a 1.219 miliardi di euro la massa finanziaria liquida di contanti e depositi bancari delle famiglie italiane. Il 44,6% dei nuclei familiari destina il proprio risparmio alla copertura da possibili imprevisti, come la perdita del lavoro o la malattia, il 36,1% lo finalizza alla voglia di sentirsi con le spalle coperte. La parola d’ordine è: tenere i soldi vicini per ogni evenienza. Secondo le stime del Censis, inoltre, 6,5 milioni di persone negli ultimi 12 mesi, per la prima volta nella loro vita, hanno dovuto integrare il reddito familiare mensile con risparmi, prestiti, anticipi di conto corrente o in altro modo, magari per affrontare una spesa imprevista.

Quel capitale umano inutilizzato

In Italia c'è un ingente capitale umano che non si trasforma in energia lavorativa. Sono almeno 8 milioni di persone. A questa cifra si arriva se si guarda al numero di disoccupati, che nel 2013 sono più di 3 milioni, e si aggiungono i circa 1.780.000 cittadini in età lavorativa inattivi perchè scoraggiati e gli oltre 3 milioni di persone che pur non cercando attivamente lavoro sarebbero disponibili a lavorare. I giovani costituiscono più della metà dei disoccupati totali. E i Neet, cioè i 15-29enni che non sono impegnati in percorsi di istruzione o formazione, non hanno un impiego né lo cercano, sono in continua crescita: da 1.832.000 nel 2007 a 2.435.000 nel 2013. "Il potenziale femminile - prosegue il Censis nella sua analisi - è anch’esso ampiamente mortificato". Le donne, infatti, costituiscono il 45,3% dei disoccupati, ma soprattutto il 65,8% degli inattivi scoraggiati e il 60,6% delle persone disponibili a lavorare. Sul fronte dell’occupazione, il Centro Studi Investimenti Sociali evidenzia un disequilibrato e antieconomico utilizzo dell’offerta di lavoro: "Il capitale umano sottoutilizzato, composto dagli occupati part time involontari (2,5 milioni nel 2013, raddoppiati rispetto al 2007) e dagli occupati in Cassa integrazione, il cui numero di ore è passato nel periodo 2007-2013 da poco più di 184.000 a quasi 1,2 milioni, corrispondenti a 240.000 lavoratori sottoutilizzati". C’è anche il capitale umano sotto inquadrato, cioè persone che ricoprono posizioni lavorative per le quali sarebbe sufficiente un titolo di studio inferiore a quello posseduto: sono più di 4 milioni di lavoratori, il 19,5% degli occupati. Di questi il 53,3% è costituito da diplomati (2,3 milioni di lavoratori) e un ulteriore 41,3% da laureati.

L'Italia non attrae più capitale dall'estero

L’Italia piace all’estero ma non attrae capitali stranieri. Se da un lato, infatti, cala la capacità del nostro paese di attrarre capitali stranieri, cresce, invece, l’export dei prodotti made in Italy alimentari, di abbigliamento, arredo e automazione. Il Belpaese è, infatti, la quinta destinazione turistica al mondo. "Nel 2013 è diminuita la capacità dell’Italia di attrarre i capitali stranieri, lo scorso anno sono stati pari a 12,4 miliardi di euro", spiega il Censis registrando "una flessione di circa il 60% rispetto il 2007". Nel periodo precedente all’esplosione delle turbolenze finanziarie, i flussi in entrata di investimenti diretti esteri si erano attestati su un livello superiore ai 30 miliardi di euro all’anno e nel 2012 di appena 72 milioni. "A pesare - denuncia il Censis - è il deficit reputazionale". L'Italia detiene appena l’1,6% dello stock mondiale di investimenti esteri contro il 2,8% della Spagna, il 3,3% della Germania, il 4,2% della Francia, il 6,3% del Regno Unito. L’export delle quattro "A" del made in Italy (alimentari, abbigliamento, arredo-casa e automazione) è aumentato del 30,1% in termini nominali tra il 2009 e il 2013. Nel capitolo del rapporto dedicato all'Italian way of life: cosa piace di noi all’estero, il Censis evidenzia come sempre più persone parlino la nostra lingua: circa 200 milioni nel mondo. E crescono le reti di aziende italiane in franchising all’estero: "149 reti nel 2013 per un totale di 7.731 punti vendita (+5,3% rispetto al 2011).

L’interesse suscitato all’estero dall’Italia, sebbene non adeguatamente sfruttato, non conosce crisi. Siamo la quinta destinazione turistica al mondo, con 186,1 milioni di presenze turistiche straniere nel 2013 e 20,7 miliardi di euro spesi (+6,8% rispetto al 2012)".

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