Dalla dittatura dello spread a quella del sì al referendum

Le previsioni apocalittiche di finanza e industriali

Dalla dittatura dello spread a quella del sì al referendum

Siamo passati dalla dittatura dello spread a quella del sì al referendum. Dal "Fate presto" al "Votate sì". Nell'ultimo periodo, quella stessa stampa estera che nell'epoca del governo Berlusconi agitava lo spauracchio dei mercati e della crisi economica, adesso tifa per il premier e minaccia scenari apocalittici nel caso in cui dovesse vincere il No.

E così, se il Wall Street Journal paventa rischi per gli investitori che "si preparano al tumulto", il Financial Times minaccia una nuova crisi dell'Eurozona. In particolare, secondo quanto scrive Wolfgang Munchau sul Ft: "In caso di vittoria del No si prevede "una sequenza di eventi che metterebbe in dubbio l’appartenenza dell’Italia alla zona euro".

Ancora più diretto il giornale di Wall Street: "Se respinto, il referendum avrà il potere di far tremare i titoli bancari, spingere gli spread ed indebolire ulteriormente l’euro".

Sempre lo stesso quotidiano Usa, nell'edizione di Ferragosto, aveva sostenuto che il referendum italiano fosse "più importante di Brexit" definendolo "vitale" e spiegando che in caso di No " il vero costo per l'Italia sarebbe che l'economia resterebbe inchiodata nella sua stagnazione di lungo termine". Il giornale spagnolo El Paìs ha invece definito il nostro paese "la nuova malata d'Europa che potrebbe trascinare il continente in una ricaduta nella crisi".

Insomma, il mondo della finanza e i giornali stranieri tifano Sì. E lo stesso fanno gli industrialia. Infatti, il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha dichiarato: "La vittoria del No sarebbe un segnale che l'Italia non vuole cambiare, perché tutto rimarrebbe com'è: non possiamo permettercelo. Serve stabilità.

Le imprese devono poter contare su un assetto istituzionale e normativo semplice e certo, nel medio periodo, altrimenti la macchina degli investimenti non riparte, è decisivo rivedere il Titolo V e ristabilire un equilibrio virtuoso tra centro e territori".

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