Il nodo sulle rivalutazioni delle pensioni è uno dei più spinosi che dovrà affrontare il nuovo governo. L'esecutivo infatti da giorni fa i conti con le proteste dei sindacati che rappresentano il mondo previdenziale e che chiedono da tempo lo sblocco totale dell'indicizzazione degli assegni legato al costo della vita. Con l'ultima legge di Bilancio varata dall'esecutivo gialloverde le fasce per la perequazione degli assegni sono così composte: per le pensioni superiori a 3 volte il minimo e inferiori a 4 la rivalutazione sarà del 97%, del 77% per gli importi tra 4 e 5 volte il minimo, del 52% tra 5 volte e 6 volte il minimo, del 47% oltre 6 volte, del 45 oltre 8 volte e solo del 40% oltre 9 volte il minimo.
Cosa cambia sugli assegni
Adesso però come è noto sta per entrare sul campo una novità: la rivalutazione degli assegni fino a 4 volte il minimo sarà piena. Di fatto significa che godranno di un aumento pieno tutti i pensionati che percepiscono un assegno fino a 2000 euro lordi. Fin qui i fatti. Ma milioni di pensionati in questi anni hanno perso con i decreti di blocco sulle rivalutazioni fino a 1500 euro l'anno considerando il mancato adeguamento al costo della vita. E una recente ordinanza della Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia ha aperto la strada a una valanga di ricorsi che potrebbero partire a breve e ha dato forza a quelli già avviati. In sostanza la Corte dei Conti ha stabilito che la decisione di dare un taglio agli assegni dei pensionati in tutti questi anni è di fatto "discriminatoria" chiedendo in merito un intervento della Corte Costituzionale. E in questo senso chi da tempo difende i diritti dei pensionati sta preparando una serie di ricorsi per cercare di cancellare una norma che va a penalizzare e non poco tutti i pensionati.
Il ricorso per gli arretrati
Come racconta l'avvocato Celeste Collovati di Dirittissimo (rivalutazionepensione@gmail.com), l'inerzia del governo nel risolvere un problema così rilevante semina rabbia tra milioni di pensionati: "L’atteggiamento del Governo è quello di procrastinare e introdurre di anno in anno un blocco ormai vigente dal 2011 che potrebbe non avere mai fine. A “farne le spese” sono sempre le fasce di pensione dalle 3 volte il minimo Inps in poi con una rivalutazione che arriva sino al 40%. In particolare, per i pensionati con importi di pensione dai Euro 2.000,00 in su la rivalutazione sarà al ribasso". Da qui l'idea di andare fino in fondo a questa storia in tutte le sedi possibili: "Siamo consapevoli che non è una battaglia dall'esito scontato, in quanto l’ultimo precedente blocco (relativo al biennio 2012-2013) è stato dichiarato legittimo sia dalla Consulta che dalla Corte Europea, ma con sentenze a nostro avviso non esaustive dal punto di vista delle motivazione e poco convincenti sul piano giuridico; riteniamo che la nuova legge sia ingiusta e presenti profili di illegittimità costituzionale in quanto, ancora una volta, realizza forti discriminazioni (violazione art. 3 costituzione; violazione art. 36 e 38 cost.) andando a prelevare i soldi ai soli pensionati, anzichè agli altri contribuenti (banche, società, altri grandi contribuenti)". Il quadro è abbastanza chiaro: i ricorsi potranno avere effetto sulle rivalutazioni mancate (o calmierate) che vanno dal 2013 in poi.
E in effetti tutti i governi che hanno seguito quello di Monti (il primo a introdurre in modo consistente una tale sforbiciata sugli assegni) hanno confermato la mazzata sulle pensioni. Ma adesso grazie ad un nuovo ricorso qualcosa potrebbe cambiare. E anche in fretta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.