Ecco il piano Kkr per la rete si guarda al modello Terna

A settembre il progetto industriale di Ferraris. Per il fondo un orizzonte di almeno 5 anni, poi ipotesi Borsa

Ecco il piano Kkr per la rete si guarda al modello Terna
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Una riproposizione del modello Terna, con un azionista di riferimento pubblico intorno al 30% e un azionariato di fondi e piccoli soci interessati a un flusso regolare di dividendi. Il punto d'arrivo per la società della rete, che dopo lo scorporo da Tim è confluita in Fibercop, potrebbe essere questo dopo che il fondo Usa Kkr - oggi azionista di riferimento con una quota intorno al 38% - avrà terminato di convertire tutta la rete alla fibra e sarà pronto per valorizzare il suo investimento.

Nel frattempo la società, nata da poche settimane, sta affinando in questi giorni la squadra dei manager. Dovrebbero essere tutti italiani, con gli americani che hanno dato le chiavi della macchina al presidente Massimo Sarmi e all'amministratore delegato Luigi Ferraris che sta dialogando già da mesi con Kkr. Il top manager si porta da Ferrovie il responsabile per i rapporti istituzionali Massimo Bruno e il responsabile del personale Adriano Mureddu. Mentre Elisabetta Romano è stata nominata a capo dello sviluppo tecnologico della rete. Kkr, che ha inserito nel consiglio d'amministrazione i suoi uomini di fiducia Alberto Signori e James Gordon, metterà a disposizione la sua casa di consulenza Capstone. Il progetto è di investire circa cinque miliardi di euro per completare la stesura della fibra, un lavoro che richiederà fra i tre e i quattro anni. Ma quale sarà l'orizzonte di permanenza di Kkr? Facile immaginare un orizzonte di almeno cinque anni, ma a New York non c'è alcuna fretta. I fondi infrastrutturali non sono vincolati a scadenze tassative e quindi, portata l'azienda su un sentiero profittevole, potrebbe rimanere per incassare dividendi e cercare con calma uno o più «selezionati» acquirenti: nelle more degli accordi con il ministero dell'Economia, infatti, chi entrerà in società dovrà essere di gradimento allo Stato.

Possibile che la cosiddetta exit passi dalla quotazione in Piazza Affari. Ma potrebbe passare anche dalla cessione a fondi come Adia (che ha il 17,5%) o il fondo pensione canadese Cpp Investments (17,5%), interessati a investimenti a lungo termine e alle cedole.

In una prima fase, i flussi di cassa prodotti da FiberCop saranno assorbiti dagli investimenti, ma una volta usciti dalla parte clou dei lavori l'azienda dovrebbe iniziare a pompare utili.

Il percorso di Fibercop, in ogni caso, sarà sostanziato nel nuovo piano industriale a cui sta lavorando Ferraris e che dovrebbe essere pronto da settembre. Sul percorso di Fibercop ci saranno anche le nozze con Open Fiber, che tuttavia non dovrebbero arrivare prima del 2026. Una vicenda che riguarda da vicino la stessa Tim (+1,2% in Borsa), che può incassare 2,5 miliardi se il matrimonio dovesse consumarsi entro 30 mesi dal closing (c'è quindi tempo fino a inizio 2027). Prima di allora ci sono diversi nodi da sciogliere, a partire dalla sovrapposizione delle reti nelle cosiddette aree nere (le più profittevoli).

Ieri, intanto, il presidente di Agcom, Giacomo Lasorella, esponendo la relazione annuale al

Parlamento ha parlato dell'operazione di scorporo della rete da Tim: «l'Autorità dovrà valutare attentamente gli accordi intercorsi tra i soggetti che hanno dato luogo allo scorporo, che non sono ancora integralmente trasmessi».

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