L'indagine è partita. La Procura di Arezzo ha aperto il fascicolo per bancarotta fraudolenta dando incarico alla Guardia di Finanza di svolgere accertamenti sull’operato dell’ex presidente di Banca Etruria, Lorenzo Rosi, e dei suoi due vice: il vicario Alfredo Berni e Pierluigi Boschi, padre del ministro per le Riforme Maria Elena.
Le prime verifiche cercano di fare piena liuce sull’attività del comitato ristretto che disse no all’offerta di Banca popolare di Vicenza. Tra le altre operazioni "sospette" anche alcuni finanziamenti senza garanzia e generose consulenze per un ammontare di oltre 17 milioni di euro. Il tribunale di Arezzo nel dichiarare lo stato di insolvenza ha fatto riferimento ad una "gestione disastrosa" da parte dei vertici della banca in carica tra il 2013 e il 2015.
Fabi: Bankitalia e Consob arrivano sempre in ritardo
"In pochissimi lo sanno e nessuno lo ha mai scritto o detto, ma Banca Etruria si era promessa in sposa a tutti gli istituti bancari del Paese, ma tutti hanno preferito restare single: forse hanno avuto paura dei massoni?". Questa la domanda che si è posto il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni, parlando del salvataggio dell’istituto aretino insieme alle altre 3 banche attraverso il fondo interbancario. Più in generale, sullo scandalo di questi istituti, Sileoni ha detto: "Bankitalia e Consob arrivano sempre quando il tempo è scaduto e in Italia manca sempre la certezza della pene. La tempestività degli interventi è un elemento imprescindibile nella prevenzione" degli scandali.
"È mancata la determinazione delle istituzioni, questo è un sistema sempre pronto a facili compromessi, dove tutti i poteri non sono accentrati verso l’alto. In sintesi poca prevenzione, ritardi ingiustificati e autorità sonnolente".
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