I conti correnti sono a rischio Via ai controlli senza un avviso

Gli accertamenti sono legittimi anche se l'accesso al conto non è autorizzato. Cosa cambia con questo verdetto

I conti correnti sono a rischio Via ai controlli senza un avviso

Il fisco può entrare nei nostri conti correnti senza avvisare: le norme che tutelano i contribuenti non vengono prese più di tanto in considerazione dalla Cassazione.

Cosa dice l'ordinanza

In tema d'indagini bancarie, infatti, l'ordinanza n° 3242 del 10 febbraio della sezione Tributaria della Suprema Corte prevede che "la mancanza di autorizzazione ai fini della richiesta di acquisizione dagli istituti di credito di copia delle movimentazioni dei conti correnti e di qualsiasi rapporto intrattenuto presso banche o operatori finanziari non implica l'inutilizzabilità dei dati acquisiti". Ciò vuol dire che l'avviso di accertamento bancario senza l'autorizzazione prevista dall'art. 32 del Dpr. 600/73 è comunque legittimo con buona pace di legislatore e cittadino.

Cosa risponde la Cassazione

Nel caso specifico, come riportato da Libero, il caso in esame era relativo ad un contenzioso tra Agenzia delle Entrate e un comune cittadino. La Commissione tributaria del Lazio, sottolineando la tardiva produzione processuale dell'autorizzazione, aveva ritenuto senza prove la legittimità delle indagini finanziarie dichiarando, di conseguenza, l'annullamento dell'avviso di accertamento. Opinione diversa, però, per la Cassazione, che non solo ha legittimato che la prova acquisita si potesse utilizzare, ma ha anche specificato che "l'autorizzazione prescritta ai fini dell'espletamento delle indagini bancarie esplica una funzione organizzativa incidente nei rapporti uffici e non richiede alcuna motivazione sicchè la sua mancata allegazione ed esibizione all'interessato non comporta l'illegittimità dell'avviso di accertamento".

Come agisce il fisco

A parte il contenzioso sopra descritto, in quali altri casi l'occhio vigile del fisco può mettere la lente di ingrandimento sui nostri conti correnti? L’art. 32 del DPR 600 del 1973, così come abbiamo già trattato nelle pagine de ilgiornale.it, dice che i versamenti di contanti sul conto o i bonifici che riceviamo generano una "presunzione", si presume che si tratti di redditi: lavoro o locazione poco importa perché vengono comunque considerati redditi fino a prova contraria. Il Fisco controllerà se quelle somme sono state indicate regolarmente nella dichiarazione dei redditi, altrimenti verrà avviato un accertamento fiscale. A quel punto, l'Agenzia delle Entrate presume di trovarsi di fronte ad un evasore che, a quel punto, dovrà dimostrare di non esserlo indicando che quel denaro non è frutto di redditi in nero.

Per agire in questo modo, gli strumenti dell'Agenzia delle Entrate sono praticamente tre: risparmiometro, superanagrafe e Isee. Il risparmiometro è un algoritmo che verifica entrate e uscite dei conti correnti e, quando vengono rilevate incongruenze tra quanto presente sul conto e quanto sostenuto nella dichiarazione dei redditi, scattano i controlli dell’Agenzia delle Entrate; la superanagrafe è una sorta di database (ne abbiamo parlato dettagliamente in questo Focus) costituito dai dati di Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza: ovviamente, l’accesso ad una mole di dati così grande apre un gran dibattito sugli aspetti legati alla privacy e alla protezione dei dati personali; infine, l'Isee è il terzo strumento nelle mani del fisco per effettuare accertamenti sui conti correnti e, nello specifico, dai dati autodichiarati dal contribuente.

Ognuno di loro, per non farsi trovare impreparato, dovrà essere in possesso di tutta la documentazione necessaria per dimostrare che non sono avvenute attività illecite. Nel caso in cui fosse convocato da un funzionario del fisco, dovrà "difendersi" giustificando le anomalie

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