Il Fondo alla Fed: «Il rialzo dei tassi va rinviato al 2016»

Il rialzo dei tassi Usa, il primo in quasi nove anni, dovrebbe essere rimandato alla prima metà del 2016, quando si saranno consolidati i segnali di aumento dei salari e dell'inflazione. Affrettare i tempi potrebbe rivelarsi pericoloso per la stabilità finanziaria, non solo negli Stati Uniti. Che quest'anno dovranno accontentarsi di una crescita del 2,5%.

Impegnato in prima linea nella complicata trattativa con la Grecia, il Fondo monetario internazionale torna a suggerire cautela alla Federal Reserve nell'aggiustamento dei delicati equilibri di politica monetaria. È da tempo che l'Fmi esercita un'opera di moral suasion sulla banca centrale Usa, dove peraltro il timing del giro di vite è da mesi motivo di contrapposizione tra falchi e colombe all'interno del consiglio. Mese dopo mese, la presidente Janet Yellen ha preparato i mercati all'evento senza mai sbilanciarsi troppo sulla tempistica. L'organizzazione guidata da Christine Lagarde riconosce alla Fed meriti nella comunicazione, ma al tempo stesso avverte che una stretta «potrebbe ancora tradursi in significativi e improvvisi ribilanciamenti dei portafogli internazionali, con conseguenze sulla volatilità dei mercati e la stabilità finanziaria che possono andare anche oltre i confini americani».

Un effetto domino che costringerebbe la Fed a tornare sui propri passi, riportando il costo del denaro a zero «con potenziale danno alla credibilità» dell'istituto. Ma anche una stretta ritardata non sarebbe priva di conseguenze: innescherebbe una spirale inflazionistica sopra il target del 2% che verrebbe contrastata con «rapidi aumenti dei tassi di interesse, con conseguenze imprevedibili, anche sulla stabilità finanziaria».

Il compito della Fed è reso oltremodo complicato da un'economia indebolita. Gli esperti del Fondo hanno rimesso mani alle forbici per tagliare le stime 2015-2016: quest'anno il Pil crescerà del 2,5%, il prossimo del 3%. Già in aprile l'Fmi aveva rivisto al ribasso le proprie previsioni al 3,1% sia per il 2015 sia per il 2016. Il rallentamento è comunque giudicato temporaneo, anche se un ulteriore apprezzamento del dollaro potrebbe essere dannoso per la crescita.

Ultimo punto dolente le finanze pubbliche, che negli Stati Uniti «rimangono su un sentiero insostenibile», con debito e deficit destinati a crescere entro il 2019 per «le pressioni di spesa» legate all'invecchiamento della popolazione.

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