«Clown, genio, bastian contrario, visionario, industriale, showman: un folle ibrido» è con queste parole che il Time, nel 2021, incorona Elon Musk come uomo dell'anno. Ma forse avrebbero dovuto aggiungere anche «politico» allo sterminato curriculum dell'imprenditore. Perché Musk non è solamente l'istrione che posta cinguettii strampalati durante la notte, che produce e vende lanciafiamme come se fossero oggetti di uso quotidiano, che si fuma una canna in diretta e che sogna di colonizzare Marte. È, anche e soprattutto, un libertario. Anzi, è una vera e propria icona libertaria e pure politica. Ipotesi confermata dalle reazione isteriche della sinistra mondiale d'innanzi al suo acquisto del social network più radical in circolazione (un esempio per tutti: Carola Rackete che annuncia la chiusura del suo profilo). Nell'arco di meno di vent'anni Musk ha rivoluzionato il mondo dei pagamenti con Paypal; ha creato Space X e riportato dopo più di un decennio gli astronauti statunitensi nello spazio, superando e salvando al tempo stesso la statalissima Nasa; non pago, ha messo la freccia e sorpassato a sinistra gli ecologisti di maniera inventandosi e mettendo sul mercato la Tesla, l'automobile elettrica più bella, chic e performante in circolazione. Più pragmatico e gretino di Greta stessa, pur non essendo una prefica dell'imminente fine del mondo. Tutto molto imprenditoriale, ma tutto anche molto politico. Si può rintracciare, in filigrana, un pensiero coerente dietro quello che Musk ha fatto in tutti questi anni? Negli Usa molti sono convinti di sì e hanno già coniato un termine per definire la filosofia del miliardario naive: il muskismo. E sono in molti a scommettere che l'acquisto del social di microblogging sia un primo passo verso una sua discesa in campo. Per Jill Lepore, docente di Storia americana all'università di Harvard, quello di Musk è un «capitalismo estremo, extraterrestre». E, in effetti, qualcosa di alieno c'è nell'epopea muskiana: la distanza siderale nei confronti di tutti i luoghi comuni tanto cari alla sinistra vessillifera del politicamente corretto e della cancel culture. Musk non si fa problemi a citare Ernst Jünger, a fuggire dalla progressista California per riparare nel repubblicanissimo Texas, a sbertucciare i guru della silicon valley, a portare il sistema capitalista alle sue estreme conseguenze con operazioni spericolate che a volte sembrano happening situazionisti.
«Sono un anarchico utopico», ha dichiarato qualche anno fa il miliardario di origini sudafricane. Non sappiamo se il muskismo si farà mai politica, nel frattempo quella di Elon è una bella iniezione libertaria nel corpaccione di una società ancora troppo perbenista e statalista.
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