L'autogol di Abe: Giappone in recessione

Scivolare in una doppia recessione, il temutissimo double dip, nel giro di un anno è un'impresa quasi da record. Il Giappone c'è riuscito, incappando nel secondo trimestre (l'anno fiscale si chiude in marzo) in una contrazione del Pil dello 0,2% rispetto ad aprile-giugno, quando il calo era stato dello 0,7%. Per il premier Shinzo Abe, il malfermo passo del Paese è il segno inequivocabile che qualcosa non sta funzionando nel piano di stimoli varato dal governo a braccetto con la banca centrale. Dopo Russia, Canada e Brasile, anche il Paese orientale ripiomba così nel buio della crisi. Ma se la recessione del secondo trimestre del 2014 era stata la diretta conseguenza della stretta fiscale, imperniata su un aumento dell'Iva dal 5 all'8% allo scopo di contenere il debito pubblico, l'andamento più recente sembra indicare che le tre frecce dell'Abenomics (massicci aiuti monetari, impulso alla spesa pubblica e importanti riforme economiche) non sono riuscite a centrare l'obiettivo. Certo il rallentamento della Cina ha giocato a sfavore, consigliando prudenza alle imprese negli investimenti (-1,3%), ma sullo sfondo rimangono i problemi ormai cronici con cui il Sol Levante si trova a fare i conti da oltre un decennio. Tra questi, l'invecchiamento della popolazione, un fenomeno che si ripercuote sui consumi e che non è stato risolto neppure facendo entrare nel Paese più immigrati. Del resto, il potere d'acquisto delle famiglie è diminuito, anzichè aumentare, per effetto della svalutazione dello yen indotta dal quantitative easing in salsa nipponica che ha reso più cari i generi alimentari. Il tutto mentre la deflazione che intrappola il Giappone è ben lontana dall'assere stata debellata.Il governo mantiene tuttavia una visione ottimistica: «Ci aspettiamo un rimbalzo nel quarto trimestre», ha commentato il ministro delle Politiche economiche Akira Amari, rilanciando il piano di extrabudget a sostegno dell'economia. Economisti e mercati si aspettano infatti che Abe non abiuri il piano di aiuti che porta il suo nome, ma dia anzi ulteriore impulso alle misure di allentamento monetario. C'è però un problema: un'altra dose di Qe rischierebbe di svalutare ulteriormente la moneta nazionale, con il risultato di soffocare oltremodo le già scarse disponibilità economiche delle famiglie. È quindi più probabile uno spostamento dell'asse sul versante delle politiche fiscali a favore dei consumatori. Nei giorni scorsi, le indiscrezioni puntavano sul varo di una manovra pubblica da circa 3.500 miliardi di yen, giudicata possibile dal ministro delle politiche economiche, Akira Amari. Non si può comunque escludere del tutto un intervento della Bank of Japan, il cui bilancio è cresciuto del 460% rispetto al 2000 proprio per effetto degli acquisti di bond (e non solo).

Secondo alcuni analisti, quella imboccata da Tokio è una via senza ritorno: se le misure di stimolo venissero sospese, il Paese andrebbe incontro a una fuga di capitali incontrollata e dalle ripercussioni devastanti.RPar

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