Il no alla piattaforma petrolifera costa all’Italia 190 milioni di euro

L’arbitrato internazionale condanna l’Italia al risarcimento della società inglese Rockhopper Exploration a cui sono state vietate attività di estrazione petrolifera

Il no alla piattaforma petrolifera costa all’Italia 190 milioni di euro

L’Italia dovrà compensare i mancati guadagni della compagnia inglese Rockhopper Exploration con un risarcimento di 190 milioni di euro a cui si aggiunge il 4% di interessi annuali a partire dal 29 gennaio 2016.

È quanto ha deciso il Centro internazionale per il regolamento delle controversie (Icsid) a cui si è rivolta l’azienda britannica a cui sono state impedite le attività di estrazione petrolifera al largo della costa abruzzese, in prossimità di San Vito (Chieti). È stata la stessa compagnia inglese a rendere noto il risultato del contenzioso.

I fatti

Il No alle trivelle è scattato nel 2016, quando la Rockhopper Exploration non ha ricevuto le necessarie autorizzazioni dal Ministero dello Sviluppo Economico per posizionare la piattaforma Ombrina e procedere con la ricerca di idrocarburi in mare. Il governo ha ascoltato le tante lamentele dei cittadini e degli enti abruzzesi.

L’arbitrato, iniziato nel 2017 su richiesta del colosso britannico, è stato incentrato sulle violazioni dell’Italia al trattato sulla Carta dell’Energia, accordo che sancisce l’accesso ai mercati internazionali per sviluppare un mercato competitivo in materia di energie e mette l’accento sulla protezione degli investimenti esteri.

I giudici Klaus Reichert, Charles Poncet e Pierre-Marie Dupuy chiamati a redimere la questione hanno dato ragione al gigante britannico e, stando alle dichiarazioni che la fisica e docente universitaria Maria Rita D’Orsogna ha rilasciato a diversi media, le possibilità di ribaltare la decisione in fase di ricorso sono più che scarse.

L’Italia era uscita dal trattato sulla Carta dell’Energia nel 2016 ma in materia di investimenti gli Stati sono chiamati a rispondere fino a 20 anni dopo la rescissione dell’accordo.

La

compagnia inglese svolge gran parte delle proprie attività nelle acque delle Falkland e nel 2014 ha rilevato il gruppo connazionale Mediterranean Oil & Gas che possedeva una costola italiana, la Medoilgas Italia S.p.A., con sede in Abruzzo.

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