Powell spaventa la Borsa: "I tassi saliranno ancora"

Il presidente della Fed annuncia nuove strette: "Tensioni sui prezzi dalla crescita degli occupati"

Powell spaventa la Borsa: "I tassi saliranno ancora"

Né troppo falco né troppo colomba. Con quell'equilibrismo dialettico che sembra da tempo la sua cifra stilistica, Jerome Powell non serve ai mercati il menu dovish che si aspettavano. Parte col piede giusto il presidente della Federal Reserve, nell'intervento di ieri all'Economic Club di Washington: «Il processo di riduzione dell'inflazione è iniziato ed è iniziato nel settore dei beni - è il suo esordio - ma ha ancora molta strada da fare. Dobbiamo essere pazienti: queste sono le primissime fasi della disinflazione». Parole cautamente ottimistiche, che non implicano tuttavia l'abbandono in temi brevi della postura rigida che la banca centrale Usa ha assunto da quando ha iniziato ad alzare i tassi per contrastare il carovita. E che, accoppiate al riferimento che «ci vorrà sicuramente non solo quest'anno, ma il prossimo anno per veder scendere l'inflazione vicino al 2 per cento», confermano che almeno fino alla fine dell'anno le leve monetarie non saranno abbassate.

Anche perché gli oltre 500mila nuovi posti di lavoro creati in gennaio, con il tasso di disoccupazione sceso ai minimi dalla fine degli anni '60, non permettono alla Fed di dormire sonni troppo tranquilli. Un mercato del lavoro ancora teso, dove le aziende faticano a reperire manodopera, è potenziale miccia di innesco di tensioni sui prezzi al consumo a causa di salari in aumento. «I recenti dati sull'occupazione mostrano il perché la Fed ha ancora molto lavoro da fare - avverte Powell - . Se il mercato del lavoro resterà solido, allora il picco dei tassi potrebbe essere più alto».

Parole che annullano il mini-rally iniziale di 300 punti e impongono la ritirata a Wall Street (-0,5% un'ora dalla chiusura). Segno che i caveat del capo dell'istituto di Washington hanno toccato un nervo scoperto. La stretta di appena un quarto di punto (l'ottava da marzo '22) con cui nell'ultima riunione il Fomc ha portato il costo del denaro al 4,5-4,75% aveva corroborato l'ipotesi che il periodo dei giri di vite aggressivi fosse ormai ai titoli di coda. Powell spezza, invece, questa narrazione, non escludendo che il pivot dei tassi possa anche collocarsi sopra il 5%, se il restringimento delle maglie monetarie non porterà a un sensibile calo dell'occupazione.

C'è però un motivo che dovrebbe indurre la Fed a non calcare la mano. Gli Stati Uniti sono su una «insostenibile strada fiscale», ha ammonito Powell.

Dalla banca centrale nessuna possibilità di aiuto: «È il Congresso a dover alzare il tetto del debito. Nessuno può pensare che la Fed possa schermare il sistema finanziario e l'economia in caso di default». Ma, di sicuro, tassi non troppo elevati darebbero una mano al Tesoro americano.

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