La recessione complica i piani di Mps

Arriva l'ok della Bce all'aumento di capitale da 2,5 miliardi, ma può non bastare

La recessione complica i piani di Mps

Con le nubi sui mercati all'orizzonte, il dossier Montepaschi diventa sempre più complesso. E chi vincerà le elezioni, il prossimo 25 settembre, si troverà a decidere essenzialmente due cose: se vendere mettendo in conto valutazioni bassissime (l'istituto ieri ha perso il 4,7% e polverizzato il 73% della capitalizzazione in 12 mesi) oppure aspettare momenti migliori. Di mezzo c'è l'Europa, che ha concesso più tempo al Mef per la vendita, ma potrebbe non concedere altre proroghe.

Nel frattempo, l'istituto ha bisogno di un aumento di capitale da 2,5 miliardi per poter mettere in atto il piano redatto dal suo amministratore delegato, Luigi Lovaglio (nel tondo), che punta a un utile di 700 milioni entro il 2024. Ieri, il primo mattoncino è arrivato, con il via libera della Banca centrale europea all'aumento di capitale, che dovrà ricevere l'ok definitivo il prossimo 15 settembre dall'assemblea degli azionisti. Scontato, visto che il ministero dell'Economia e delle Finanze è azionista con il 64% e ha già annunciato il suo appoggio. Il Mef, quindi, verserà 1,6 miliardi mentre gli altri 900 milioni dovranno essere trovati sul mercato. A fronte di un istituto che ormai a Piazza Affari vale solo 300 milioni.

Il consorzio di garanzia, da questo punto di vista, si è recentemente allargato con l'aggiunta di Bofa Securities Europe, Citigroup, Credit Suisse e Mediobanca. Tra i potenziali sottoscrittori anche i partner Axa e Anima, che potrebbero partecipare in cambio di un rafforzamento degli accordi commerciali.

Tutti questi attori decideranno in che modo fare l'aumento nella seconda parte del mese di settembre. L'istituto, pur essendo l'aumento scindibile, punta a raccogliere i 2,5 miliardi in un'unica soluzione, che serviranno a dare forma al piano di uscite incentivate da 3.500 persone (che punta a risparmi per 300 milioni), fare investimenti e rafforzare i ratio patrimoniali. Senza intoppi, l'aumento dovrebbe concretizzarsi nella seconda parte di ottobre.

«A mio modo di vedere i 2,5 miliardi potrebbero anche non bastare», spiega a Il Giornale l'analista Antonio Tognoli, responsabile per le macro analisi di Cfo Sim. «Mi spiego: un conto è se si trattasse del solo rispetto dei parametri di vigilanza, un altro è intavolare un piano economico finanziario credibile per il rilancio. Con questo non voglio dire che quanto previsto da Lovaglio non lo sia, però il punto è che la situazione internazionale ora è cambiata in peggio».

L'orizzonte di una recessione, infatti, potrebbe peggiorare la situazione degli npl e degli utp. Da valutare, poi, cosa farà il nuovo governo: se dovesse vincere il centrodestra e nascere un esecutivo con Giorgia Meloni premier (la leader di Fratelli d'Italia è avanti nei sondaggi) il Mef come si muoverebbe? Un indizio, probabilmente, può essere pescato nel passato.

Nel 2021, poco dopo l'insediamento di Mario Draghi a Palazzo Chigi, Fratelli d'Italia fece una mozione per rinviare la privatizzazione di Mps. Considerati i 5,4 miliardi di costi sui contribuenti, il partito della Meloni suggeriva di aspettare tempi migliori per chiudere la vendita. E, almeno a breve, questi tempi migliori difficilmente ci saranno.

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