Saipem ora può essere più ottimista

Focus sulle esplorazioni offshore. Aumento da 2 miliardi nel vivo a metà giugno

Saipem ora può essere più ottimista

A un passo dall'aumento di capitale da 2 miliardi di euro che dovrebbe entrare nel vivo a metà giugno Saipem continua l'operazione di riassetto iniziata a marzo dopo aver comunicato che il proprio bilancio civilistico 2021 si sarebbe chiuso con perdite superiori al terzo del capitale sociale, e con ricavi ed ebitda inferiori al miliardo, numeri molto diversi dalle previsioni diffuse in precedenza, il 28 ottobre. Una doccia fredda per investitori e soci che culminò con l'annuncio di un rosso da 2,4 miliardi.

Da allora, la società di ingegneria del sottosuolo basata a San Donato è stata protagonista di una rivoluzione, dalla governance alla strategy. Messe da parte velleità nell'eolico in gran parte colpevoli del buco di bilancio la società oggi è più che mai a trazione «statale» con Cdp azionista al 12,55% che ne ha preso le redini insieme all'altro socio forte, Eni, di cui tra l'altro la Cassa è azionista con il 25,96 per cento. I due azionisti hanno da tempo sindacato pariteticamente il 25% del capitale e dettano la nuova linea finanziaria e industriale.

Il rilancio effettivo ed efficace di Saipem è infatti un vero e proprio test per Cdp (e soci) che con le ultime nomine ai vertici di Saipem non hanno avuto grandi ritorni, viste le numerose crisi che negli ultimi dieci anni ha dovuto affrontare la società. A livello di governance, l'ultimo riassetto riguarda il vertice aziendale. Dopo aver affiancato con il direttore generale Alessandro Puliti l'ad Francesco Caio - che nuovi indiscrezioni danno per prossimo all'uscita di scena è stato nominato nuovo direttore finanziario l'ex vicedirettore generale e chief business officer di Cdp Paolo Calcagnini, mentre l'uscente Antonio Paccioretti si affianca al direttore generale come «supporto nell'indirizzo e nella supervisione dei progetti strategici e delle operazioni straordinarie».

Insieme i due commissari dei soci (Puliti e Calcagnini) hanno orientato la società verso un piano di rilancio a cui ha collaborato anche l'advisor Rothschild. Le prossime tappe designate che la società dovrà portare a termine sono dunque l'aumento di capitale, ma anche la cessione delle attività di perforazione su terra (drilling).

Nel frattempo, da lunedì scorso Saipem ha avviato il raggruppamento delle azioni (ce ne fu uno anche nel 2017), 21 ogni 100 circolanti, in vista dell'aumento di capitale. Era stato lo stesso ex-manager della Cdp Calcagnini a spiegare in occasione della presentazione del Piano di rilancio che «il pacchetto finanziario predisposto assicura le condizioni per procedere al meglio con l'aumento di capitale in base alla situazione dei mercati». Una iniezione importante di risorse che dovrebbe permettere a Saipem di affrontare il rilancio in un contesto a luci e ombre: da un lato i prezzi del petrolio sopra 100 dollari (Brent a 117,18 dollari) favoriscono il settore e danno valore alla divisione in vendita; e dall'altro la guerra ha scompaginato un po' i piani che il gruppo aveva in Russia, una serie di progetti ormai congelati (Arctic Lng 2, l'impianto di gas in Siberia, per esempio).

Sul fronte degli ordini al momento la società sta andando bene e nel primo trimestre 2022 la raccolta è stata di 2,36 miliardi di euro, +48% su base annua, di cui 310 milioni nelle esplorazioni onshore.

Ultima in ordine di tempo, la commessa con l'australiana Clough, in joint venture paritetica: un contratto per un impianto di urea in Australia del valore di circa 2,7 miliardi di dollari che sostituisce quello precedentemente annunciato il 30 dicembre 2020, rimosso dal portafoglio ordini di Saipem alla fine del marzo 2022, e riflette il mutato scenario di mercato sviluppatosi a livello globale nei mesi recenti. Una buona notizia, anche se gli analisti mettono in guardia sul titolo: «Fino alla fine dell'aumento di capitale, riteniamo improbabile che il prezzo possa recuperare significativamente dai livelli attuali».

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