Conto alla rovescia per i risultati degli stress test dell'Eba, l'autorità bancaria europea, che verranno comunicati alle 18 di domani alle principali banche europee. L'esame riguarderà 48 istituti, di cui 37 vigilati dalla Bce. Solo quattro sono italiani: Unicredit, Intesa Sanpaolo, Ubi e Banco Bpm. Tutti e quattro riferiranno il giudizio al mercato domani sera.
Cosa è stato «stressato», e come? L'Eba di Londra, guidata dall'italiano Andrea Enria, mette a punto un metodo per gli esami: lo European Systemic Risk Board, un tavolo di regolatori dei vari Paesi, definisce gli scenari di normalità e di crisi da simulare nelle prove di sforzo. In questi ultimi test sotto il microscopio dell'Eba è finita la fotografia scattata ai bilanci di fine 2017, la cui tenuta viene appunto testata con una simulazione in due scenari, uno «normale» e uno «avverso» da qui al 2020, dove la Ue andrebbe in fortissima recessione (-8% cumulato del Pil). Una deviazione dal pil italiano invece atteso in crescita dell'1,4% nel 2018 e dell'1,3% annuo nel 2019 e nel 2020. L'esame si basa anche su altri rischi nel triennio in Europa, tra cui un aumento medio della disoccupazione del 3,3%, un'inflazione più bassa dell'1,9%, prezzi residenziali inferiori del 28% rispetto alle attese. Non è invece prevista una soglia di capitale da superare.
Chi rischia di più? Nel round precedente le sorvegliate speciali sono state le banche italiane per la mina dei crediti deteriorati che zavorravano i bilanci. Sono sotto osservazione quattro istituti dalle «spalle larghe» mentre sono tenute fuori dai test quelle problematiche come il Monte dei Paschi e Carige. Non solo. Questi esami prevedono uno scenario avverso più severo rispetto a quello del 2016 ma in compenso partono da presupposti meno rigidi per quanto riguarda gli spread dei bond sovrani, tallone d'achille per il nostro sistema bancario. L'edizione 2018 non prevede una soglia minima da superare ma tenendo conto della soglia prevista due anni fa, ovvero un Cet ratio (l'indice di tenuta patrimoniale) sopra il 5,5%, tutte le banche sono destinate a superare l'ostacolo. «Assolutamente nessun problema per Intesa Sanpaolo», ha detto ieri l'ad di Intesa, Carlo Messina.
I riflettori sono piuttosto accesi sugli istituti tedeschi e francesi che sono i più esposti d'Europa ai titoli «illiquidi». Si tratta di titoli che non hanno un mercato di riferimento e dunque non hanno un prezzo certo al quale iscriverli in bilancio: quelli di «Livello 2» non hanno prezzi certi sul mercato ma hanno titoli simili quotati o comunque qualche indicazione diretta o indiretta che permetta di determinare un prezzo; quelli di «Livello 3» sono i titoli complessi senza alcun punto di riferimento, neppure indiretto, sul mercato. Dunque sono invalutabili e per iscriverli a bilancio le banche usano modelli interni alquanto discrezionali. Lievi variazioni del valore di questi strumenti causerebbero quindi una riduzione significativa del capitale per alcune banche. Ebbene, per la prima volta i titoli illiquidi di «livello 2» e «3» sono stati inclusi nell'esame dell'Eba.
Formalmente nessuna banca verrà bocciata da questi esami dell'Eba.
I risultati dei test, però, saranno di importanza cruciale per determinare i requisiti patrimoniali di «secondo pilastro» che verranno comunicati per la fine dell'anno. E che potrebbero implicare la necessità di ulteriori aumenti di capitale per alcuni istituti. Senza dimenticare che nel 2019 la Bce farà partire nuovi stress test. Per le banche gli esami non finiscono mai.
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