A meno di un mese dal voto per la presidenza, Donald Trump usa di nuovo la tagliola dei dazi. Questa volta sotto forma di misura antidumping. Un atto di forza, con buona probabilità deciso in chiave elettorale, che colpisce ancora l'alluminio, il settore che nel 2018 - assieme al comparto dell'acciaio - era stato il casus belli usato dall'America per imporre tariffe punitive all'Unione europea. Questa volta, a essere colpiti sono 18 Paesi, compresi in un elenco che va dal Brasile all'Indonesia e in cui figura anche l'Italia. Orazio Zoccolan, direttore di Assomet (Associazione nazionale industrie metalli non ferrosi) è sorpreso dalla decisione («Mai fatto dumping»), ma non appare troppo preoccupato: «L'esportazione di lamiere in lega di alluminio è un settore importante ma di nicchia, rappresenta una quota marginale per i produttori italiani» e le misure Usa «non li metteranno in difficoltà».
La Cina, pur essendo il leader mondiale dell'alluminio (54% della produzione totale), non fa parte della lista perché già gravata da tasse aggiuntive sulle esportazioni. I più penalizzati saranno invece Germania e Bahrein, colpevoli di aver sovvenzionato i prezzi dell'alluminio destinato agli Usa. Una mossa destinata a invelenire i già tesi rapporti fra la Casa Bianca e la Cancelliera tedesca, Angela Merkel (nella foto). Nonché ad aprire un altro fronte di scontro con Bruxelles e vanificare l'intesa di agosto, volta a eliminare le ritorsioni su beni e generi alimentari per un controvalore di 170 milioni di euro, che sembrava il primo passo per chiudere il contenzioso Airbus-Boeing.
Ora gli Usa rimescolano le carte con un provvedimento di immediata applicazione (le decisioni definitive saranno però prese a febbraio) che va a impattare su merci per 1,96 miliardi di dollari, nonostante in maggio l'European Aluminium avesse redatto un documento per contestare le accuse di dumping. Le importazioni dei Paesi Ue oggetto dell'inchiesta - faceva notare il rapporto - ammontavano a un modesto 25% di tutte le importazioni nel mercato a stelle e strisce nel 2019, con il nostro Paese a ritagliarsi una fetta modesta, pari a 25.934 tonnellate rispetto a un ammontare totale delle importazioni americane da oltre 20 Paesi di poco inferiore a 950mila.
A una manciata di giorni dal voto l'ultima impuntatura di Trump sui dazi appare un atto di propaganda utile alla sua rielezione. Un modo per ribadire il suo ruolo di difensore della working class e avere consensi in un'area cruciale come la Rust Belt, dove i lavoratori dell'alluminio sono circa 150mila (e altrettanti sono impiegati nell'industria).
The Donald mantiene intanto atteggiamento ondivago sul nuovo piano di aiuti.
Ieri ha dato il via libera per riaprire le trattative con una nuova proposta da 1,8 miliardi. «I negoziati sulla manovra di stimolo stanno procedendo. Fate qualcosa di grosso», ha twittato. La palla va ai democratici, che però puntano su uno sforzo da 2.200 miliardi.
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