Tempo meno di un mese, e l'America potrebbe rischiare la paralisi. Le scorte di gasolio sono infatti ormai ridotte ai minimi termini. L'Agenzia internazionale dell'energia (Aie) stima che le forniture di diesel possono coprire appena i prossimi 25 giorni, una spia da allarme rosso che non si accendeva dal 2008. Se, come accaduto negli ultimi 20 anni, le riserve caleranno tra ottobre e aprile di circa 25 milioni di barili, gli Stati Uniti usciranno dall'inverno con uno stock di poco più di 80 milioni di barili. Un fatto mai successo. Un esperto della materia come Javier Blas di Bloomberg va dritto al cuore della questione: «Livelli così bassi sono preoccupanti perché il diesel è il cavallo di battaglia dell'economia globale. Alimenta camion e furgoni, escavatori, treni merci e navi. Una carenza significherebbe costi più elevati per qualsiasi cosa, dall'autotrasporto all'agricoltura, fino all'edilizia».
Insomma: in vista del voto di mid-term, un'altra grossa grana per Joe Biden, già in picchiata di consensi a causa di un'inflazione trainata all'inizio dai rincari energetici e poi tracimata lungo tutta la filiera dei prezzi. Il National economic council rassicura che «tutte le opzioni sono sul tavolo» per ricostituire gli stock e ridurre i prezzi al dettaglio, in un anno esplosi del 50% fino a toccare i 5,32 dollari al gallone. È l'effetto inevitabile legato alla lievitazione delle quotazioni all'ingrosso. Un fenomeno tutt'altro che esaurito: nel mercato «spot» del porto di New York occorrevano questa settimana oltre 200 dollari per mettere le mani su un solo barile. Così, i profitti delle compagnie di raffinazione sono decollati del 450% rispetto a vent'anni fa.
La carenza di diesel è da attribuire soprattutto a una capacità di raffinazione inferiore al passato. In 15 anni, il numero di impianti sulla costa Ovest si è per esempio dimezzato. Questa carenza è stata messa a nudo dal venir meno dell'olio combustibile russo importato prima della guerra, dalla forte ripresa della domanda interna dopo la pandemia e dalla richiesta internazionale molto elevata, anche dal versante europeo. Il diesel russo pesa ancora per il 44% sull'import del Vecchio continente, ma dal prossimo febbraio l'embargo colpirà anche i prodotti distillati. Di qui la corsa a far scorte. L'Ue non sembra però messa bene. Eurostat ha calcolato che in settembre le riserve di distillati medi (cherosene compreso) nei 16 principali Paesi europei erano inferiori dell'11% su base annua e del 13% in meno rispetto al 2019. Le cose potrebbero precipitare se Biden, nel tentativo di contrastare il carovita, decidesse di vietare l'export di combustibili.
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