Di sicuro, Joe Biden avrà tirato un sospiro di sollievo davanti all'ultimo rapporto del Bureau of Labor Statistics (Bls), secondo cui negli Stati Uniti sono stati creati in giugno 528mila nuovi posti di lavoro, più del doppio rispetto alle attese. Un tasso di disoccupazione così basso (3,5%) non si vedeva inoltre dal 1969. Sono i numeri perfetti per sostenere la narrazione di un'America in salute, per nulla in recessione malgrado i due trimestri consecutivi di contrazione del Pil da inizio anno. E, dunque, un Paese con spalle sufficientemente robuste per reggere il peso dei ripetuti rialzi dei tassi da parte della Fed. L'inquilino della Casa Bianca, infatti, ieri ha fatto suonare la grancassa: Mai nella nostra storia tanta gente ha lavorato. È il risultato del piano economico per ricostruire l'economia dal basso.
Poiché però la polvere si nasconde sempre sotto il tappeto e le elezioni di medio termine sono sempre più vicine, c'è un'altra America meno ipertrofica e ruggente: è quella del Misery Index. L'indice, un mix composto da disoccupazione e inflazione, è schizzato in giugno a livelli superiori a quelli della crisi dei mutui subprime 2007-2009 (12,5 contro 11,4%). Dietro alle percentuali, i poveri a stelle e strisce, gli emarginati esclusi dal New Deal bideniano, coloro che più sentono i morsi del carovita e non credono alla retorica presidenziale dei prezzi della benzina aumentati per colpa di Putin (dati alla mano, oltre un dollaro al gallone di aumento dal giorno dell'insediamento di Biden a quello dell'invasione russa in Ucraina).
Ma per meglio capire la situazione nel mercato del lavoro Usa, conviene dare un'occhiata all'Household Survey, cioè l'indagine condotta fra le famiglie dallo stesso Bls. Rispetto ai 528mila posti indicati dall'Establishment Survey (che usa le aziende come campione ed è più lenta a cogliere le correzioni del mercato del lavoro), l'altra rilevazione (considerata più accurata perché misura anche il tasso di partecipazione alla forza lavoro) indica una crescita di appena 179mila new jobs in giugno, dopo aver accusato una perdita di 315mila impieghi il mese precedente.
Uno spread già significativo, che diventa però uno abnorme fra marzo e giugno, periodo che mostra uno scarto di 1,8 milioni di posti di lavoro fra i due metodi di indagine. Il motivo? Mentre il numero dei dipendenti totali è rimasto invariato in base alle indicazioni delle famiglie, quello di chi ha più di un lavoro - conteggiato nell'altro sistema di indagine - è cresciuto fino a toccare un massimo di oltre 7,5 milioni.
Non a caso, da marzo a giugno gli Stati Uniti hanno perso 141mila posti di lavoro a tempo pieno, 78mila posti a tempo parziale, ma hanno visto crescere i 263mila unità i multiple jobholder.Insomma: negli States ci sono meno occupati e più gente col doppio impiego. Non proprio l'America che Biden ha voglia di raccontare.
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