Emilio Leoffredi il «nomade» dell’arte povera

Un «villaggio» di tende canadesi utilizzate come tele, per trasformare la stasi del riposo, cui sono normalmente deputate, nella metafora di un viaggio intorno al mondo e all'uomo, in un continuo dialogo tra movimenti del singolo e trasformazioni dell'umanità. In un’attenta mappatura del globo con problematiche, disagi, storia e aneliti di libertà, nella mostra «Il respiro del mondo» di Emilio Leofreddi, al Complesso del Vittoriano fino al 20 settembre, il viaggio, tradizionalmente inteso, si fa pretesto formale di una più approfondita riflessione sul quotidiano, tra arte, cronaca e filosofia. Le tende infatti, cucite in India, sulle quali poi l’artista ha realizzato le sue opere, diventano il simbolo della necessità di liberarsi del superfluo, a partire da pregiudizi e stereotipi, per mettersi in movimento verso l’Altro, tracciando nuovi «percorsi» di comunicazione. Accostando citazioni di Gandhi e Nelson Mandela, Martin Luther King e John Lennon, fino ad arrivare alle formule rituali vediche del «Saluto al Sole», Leofreddi traccia i confini di una «pop-pangea», stendendo ponti rossi - non a caso il colore dell’urgenza - tra i continenti, avvicinandoli. Nata come evoluzione del progetto «Dreams (diario di viaggio)», avviato nel 2005 con un soggiorno dell’artista in India, l’esposizione, curata da Barbara Tosi, riunisce quindici opere di grandi dimensioni - cinque dedicate ai continenti e ai loro personaggi più significativi - all’ombra di un globo di tre metri di diametro realizzato con gli studenti dell’accademia capitolina di Belle Arti. In mostra pure due «geo-tappeti» e un art-video con musiche di Tonj Acquaviva. Obiettivo è indagare l’orizzonte.

Il globo, metafora dell’Altro, lo diventa anche del Sé, puntando in ogni uomo il suo centro - geometrico e concettuale - dando così al singolo la responsabilità di essere parte del tutto e per il tutto, fondamentale tassello della sua evoluzione, in una nuova «epica» che va dalla fede nel cuore-guida - un’inattesa citazione cinematografica, sembra individuare nel sentimento una fantascienza contemporanea - all’omaggio a Rousseau e Rimbaud, dalla rivisitazione del sogno dell’uomo di volare al «progetto» di un risciò con le ali, che presto diventerà una scultura, fino al paradosso dei viaggi della speranza accostati a quelli low cost per turisti. Ingresso libero.

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