Emmerich: "È vero, chi tocca l’islam rischia grosso"

Parla il regista di 2012 in uscita venerdì prossimo, che rifiuta il titolo di maestro del cinema apocalittico: "Nel film sulla profezia maya attacco tutte le religioni, ma non quella musulmana per paura di una fatwa"

Emmerich: "È vero, chi tocca l’islam rischia grosso"

Los Angeles - Roland Emmerich ha deciso: 2012, che arriva in Italia venerdì prossimo, sarà il suo ultimo film catastrofico, e quindi il regista tedesco che ha già distrutto mezzo mondo in Independence Day, Godzilla e The Day After Tomorrow questa volta supera se stesso in termini di catastrofi naturali ed effetti speciali, non dimenticando però di includere anche personaggi coinvolgenti. Terremoti, eruzioni vulcaniche, tsunami: a causa di un’eruzione solare anomala il mondo come lo conosciamo finisce nella data che chiude il calendario maya, il 20.12.2012. L’eruzione è però prevista dagli scienziati e ciò spinge le nazioni industrializzate a mettere in moto un piano segreto per salvare l’élite politica e scientifica, le specie animali e i capolavori artistici, al fine di garantire la sopravvivenza dell'umanità e della sua cultura una volte che le acque, letteralmente, si saranno calmate. La cospirazione è gestita dai membri del G8, che per affrontare il diluvio costruiscono arche ipertecnologiche con l’aiuto di operai cinesi e la sponsorizzazione dei ricconi del mondo, che hanno sborsato un miliardo di euro a testa per assicurarsi un posto su di esse. Il piano sarà messo a dura prova da John Cusack, nel ruolo di un padre che fa di tutto per mettere in salvo la propria famiglia, e da Chiwetel Ejiofor, lo scienziato che segue la propria coscienza.

Perché questo sarà il suo ultimo film catastrofico?
«In realtà non volevo nemmeno farlo, perché mi dà fastidio essere chiamato il maestro dei film catastrofici, un titolo che non piace nemmeno a mia mamma. Ma io e Harald Kloser, il mio co-sceneggiatore e compositore della colonna sonora, continuavamo a pensare al diluvio universale, un tema che mi interessa fin dalla mia tesi universitaria sull’Arca di Noè. Facendo delle ricerche ci siamo resi conto che molta gente crede che il mondo finirà nel 2012, e quindi ci siamo detti “Perché no?”. E visto che è il mio ultimo film di questo tipo abbiamo deciso di fare le cose in grande».

Lei crede alle cospirazioni come quella immaginata nel film?
«Mi attraggono, è nella mia natura, anche se sono sempre nel dilemma se crederci o no. Ma in un film un complotto internazionale mantiene le cose interessanti, perché le storie di gente che vuole salvarsi sono noiose. All’inizio avevamo immaginato un personaggio alla Bill Gates che sapeva quello che stava per succedere, ma mi sembrava un’idea troppo alla James Bond. Poi ho pensato ai politici, ai leader del G8, perché mi sono sempre chiesto di cosa parlano a parte chiuse e quell’idea ci ha dato la marcia in più».

Immagino dunque che abbia un kit di sopravvivenza a casa?
«Macché, non ho nemmeno una torcia e abbastanza riserve d’acqua».

Non si spaventa mai per la magnitudine dei suoi progetti?
«No, mai, ma ho paura di tutto il resto. Per me è importante che la storia e i personaggi siano forti, e in questo film penso che ci siamo riusciti meglio che in altri. E poi mi piace creare sorprese e sono felice di avere John Cusack nel ruolo principale perché non lo si vede mai in film del genere e perché avevo bisogno di qualcuno di intelligente, e quando ti guardi in giro non ci sono molti altri attori della sua età che emanano la stessa intelligenza».

Il film non risparmia certo le grandi religioni, eccetto una...
«Io credo davvero che le religioni abbiano danneggiato l’umanità e continuino a farlo. E se si riferisce all’islam, Harald mi ha detto che non ne avrebbe scritto perché non voleva una fatwa sulla testa a causa di un film. E aveva ragione, il che dimostra un certo lato dell’islam».

E cioè?
«Se prendi di mira Gesù e il cristianesimo va bene, ma se fai qualcosa sull’islam e su Maometto che è considerato poco rispettoso sei nei guai».

I suoi film sotto sotto hanno sempre avuto un forte messaggio ecologico. È una cosa che le sta a cuore?
«Come regista innanzitutto voglio intrattenere il pubblico, ma è bello se si può anche far passare un messaggio. Ad esempio quando è uscito The Day After Tomorrow non si parlava ancora molto di riscaldamento globale, il film era all’avanguardia sui tempi e ha sensibilizzato molta gente sul tema. I cineasti sono come gli artisti, sentono lo spirito del tempo, lo Zeitgeist, e penso che oggi la gente non creda molto nel futuro e si immagini scenari da fine del mondo o postapocalittici».

Ma in fondo non è sempre stato così?
«Confesso che anch’io dieci anni fa ero ottimista e ora sono più pessimista, temo davvero che noi umani stiamo distruggendo noi stessi e il nostro pianeta, e non so come possiamo frenare questo trend. Per fortuna Harald è l’opposto di me, è un ottimista, specie dopo la vittoria di Obama».

Su cosa si concentrerà dopo la fase catastrofica?
«Sto preparando Anonymous, che parla

delle controversie sull’origine di molte delle opere attribuite a Shakespeare. È da otto anni che lo voglio fare, inizierò la preproduzione non appena finita la promozione di 2012 e spero di girarlo in marzo a Berlino».

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