Arriva nelle sale italiane il 29 marzo Dungeons and Dragons L'onore dei ladri, scritto e diretto da John Francis Daley e Jonathan Goldstein, quarto film ispirato al famoso gioco di ruolo creato negli anni '70 da Gary Gygax e Dave Arneson, tornato di moda recentemente grazie alla serie Netflix Stranger Things, che vede i protagonisti giocarci con passione. La stessa passione ha accolto il film negli Stati Uniti. La critica cinematografica lo ha etichettato come «fresco», «spiritoso», «originale». Ad aiutare è il cast: Chris Pine, Hugh Grant, Michelle Rodriguez e Regé Jean Page, che il pubblico femminile ha apprezzato in Bridgeton.
Il film racconta il viaggio di un gruppo di emarginati, diventati ladri per necessità, uniti dal destino contro un perfido nemico e guidati da Chris Pine nel ruolo dal bardo Edgin Darvis. Come un Capitano Kirk d'altri tempi, occhi azzurri e sguardo fiero, Pine comincia la sua intervista con una frase inaspettata: «Si tratta di una grande storia di lotta, di una sfida, ma anche del racconto di una serie di fallimenti. È proprio questo che mi ha fatto innamorare del film. I protagonisti infatti sono una squadra di lupi solitari che sbagliano, diverse volte. Anche il mio Edgin commette vari errori. L'unica cosa che questi lupi solitari possono fare è continuare a provare, e migliorarsi di volta in volta. La vera chiave, come nella vita, sta nel modo in cui si reagisce alle piccole sconfitte. Mi basta iniziare a descriverli perché mi nasca un sorriso sulla bocca. La loro forza non è vincere sempre, ma sapersi rialzare, continuando a giocare, ogni volta più determinati di prima. Credo possa essere un ottimo esempio per tutti».
Il film è pieno di totem, mostri, personaggi e sorprese che i fan e gli intenditori del gioco riconosceranno. «Ma non si tratta - spiega il regista John Francis Daley - di un film destinato soltanto ai vecchi appassionati. Chiunque sarà in grado di godersi questa avventura avvincente e all'ultimo respiro. Sia io che Jonathan eravamo giocatori da bambini e abbiamo visto il potenziale per creare un film fantasy diverso dal solito e divertente. I nostri personaggi sono comunque in una situazione di vita o di morte, ci sono emozioni forti ma poi ti trovi a ridere di gusto. Sappiamo che si tratta di una vera e propria tradizione per gli appassionati del gioco e abbiamo trattato il tema con il massimo rispetto».
Il villain di turno è il perfido ed esilarante Forge Fitzwilliam, portato in scena da Hugh Grant. Un ex membro del gruppo di ladri il quale, grazie alle sue capacità di truffatore, è diventato il signore di Neverwinter. Come ha dato vita a Forge, così cattivo e divertente allo stesso tempo? «Inizialmente pensavo che questo tipo di film non facesse per me. Poi ho letto il copione e mi sono divertito talmente tanto che ho cambiato idea. Ci ho messo un po' a creare il mio Forge - spiega la star di Notting Hill, Quattro matrimoni e un funerale e Il diario di Bridget Johnes - e dopo aver capito la storia ho preso un quaderno e ho iniziato a scrivere la sua biografia, descrivendo la sua vita da bambino, i suoi traumi, la sua famiglia, sua madre malata di vaiolo che faceva la serva di un lord che l'ha cacciata quando è diventata troppo brutta. Ho scritto per giorni e giorni, sono letteralmente impazzito per ricreare tutta una vita attorno a lui. Ho riempito decine di pagine, che servono a me e rimangono nella mia testa, nessun altro le leggerà e non si vedono nel film, ma sono state fondamentali per farmi comprendere la sua personalità e poterla portare davanti alle telecamere», dice, fra il serio e il faceto.
Il gioco di ruolo Dungeons and Dragons ha quasi cinquant'anni e ha fan in ogni angolo del pianeta, ma Chris Pine non sente il peso della responsabilità: «Ho lavorato in Star Trek e in Wonder Woman, ci sono spesso molti, appassionatissimi fan. È impossibile essere perfetti per tutti. Quello che si può fare è provare a fare del proprio meglio e cercare di catturare lo spirito della tradizione. Per me questa è una storia di felicità.
Ho giocato a D&D e ho guardato gente giocare, credo che il vero spirito di questo gioco consista nell'immaginazione dei giocatori. Si tratta di essere vivi e mentalmente aperti, lavorando insieme per superare le difficoltà, così abbiamo fatto sul set e il risultato credo di veda».
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