Enrico Bertolino strapazza il Belpaese tra vizi e virtù

Come sfuggire ai luoghi comuni e vivere finalmente sconcertati però felici. Ma anche: come evitare di credere che siano ovvie e normali notizie e avvenimenti che in realtà hanno superato di molto il limite del credibile. Prova ancora una volta a spiegarlo il cabarettista Enrico Bertolino nel suo monologo Lampi accecanti di ovvietà, oggi ultimo giorno al Teatro Ciak di via Procaccini 4 (info 02-76110093, www.teatrociak.it) con la regia di Massimo Navone. «E' uno spettacolo vecchio di due anni che segue però l'evolversi dell'attualità e della politica, affrontando temi e relazioni tra gli uomini in chiave ironica, quell'ironia capace, però, anche di far riflettere», racconta il protagonista. In pratica uno «spettacolo in corso» che varia di settimana in settimana, di mese in mese, di stagione in stagione e, all'occorrenza, persino in tempo reale, seguendo le contraddizioni del nostro Paese.
E che in questo allestimento riveduto e corretto con la satira, i non-sense, la farsa e il paradosso, contiene tantissimi lampi di ovvietà, dalle riflessioni sui politici, che nonostante le decine di G8 e G20 del mondo inciampano penosamente nel più elementare slang anglosassone, a quelle su un topo (Gigio) animato che spiega seriamente agli italiani cos'è l'influenza A, ai paragoni tra la società di oggi e quella medioevale di tanti, o pochi, secoli fa. Il risultato? In un mondo dove la realtà supera sempre la fantasia, per una volta sembra che sia la fantasia a travestirsi da incredibile realtà.
Bertolino lo racconta in due ore di one-man-show anche con il contributo di fotografie, video, musiche, eseguite al pianoforte da Teo Ciavarella, titoli dei giornali del giorno dopo. E di tante risate amare.


Ma questi lampi accecanti di ovvietà finiranno per stordirci per sempre o da qualche parte esiste un antidoto all'ovvietà e alla contagiosa banalità? «Sono lampi che per un attimo accecano, ma quando la vista riprende si riesce ad intravedere un orizzonte nuovo, né ideologico né moralista, forse soltanto un po' più normale in senso umano, positivo ed irreale», ne è convinto il cabarettista milanese.

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