Silvio Berlusconi non era solo Silvio Berlusconi. Era il corpo del Paese, l'autobiografia di una nazione, il romanzo popolare di tutti gli italiani. Anche di quelli che lo hanno detestato. Perché la sua vita assolutamente unica e non replicabile rappresentava, per paradosso, quella di milioni di cittadini che in lui specchiavano le loro ambizioni e i loro desideri. La sua sterminata, pirotecnica e caleidoscopica biografia, è il riassunto del sogno italiano.
Ed è anche con la sua storia e la sua fisicità che ha ringiovanito e rivoluzionato una politica ancora imbolsita e ingessata in riti arcaici.
Lo storico video della discesa in campo, quello del gennaio 1994, non è solo un terremoto politico, ma è uno tsunami comunicativo. Il corpo di Silvio Berlusconi fa irruzione nelle case di milioni di italiani, si inventa la disintermediazione prima ancora che i social network cambino la grammatica di ogni tipo di linguaggio. C'è un prima e un dopo la discesa in campo, il Cavaliere illumina col technicolor una politica che sembrava ancora in bianco e nero, si rivolge con tono amicale a quei cittadini che si sentivano dare del lei dalle istituzioni.
È una rottura maiuscola con la vecchia politica, ma è allo stesso tempo la cosa più naturale del mondo trovarsi nel salotto di casa un signore che ha costruito un impero e ha dimore degne di un imperatore. Perché Berlusconi, nonostante fosse il più ricco e il più potente dei suoi concittadini, era innanzitutto uno di loro, uno di noi. Non c'è distacco, scollatura, distanza sociale o snobismo. Berlusconi è un magnate, ma non ha niente a che fare con le élite algide e distaccate.
Perché innanzitutto è un italiano, con i suoi clamorosi successi e gli incidenti di percorso, le fortune alternate a momenti di persecuzioni e ingiustizie. Berlusconi costruttore, imprenditore, politico, padre di famiglia, nonno, sportivo e tifoso. C'è un Berlusconi per ogni tipologia di italiano, all'interno della sua biografia sono stipate decine di vite che prendono corpo anche nei giganteschi manifesti elettorali da «presidente operaio» o nelle infinite foto coi cappelli legati alle professioni più svariate: da quello da ferroviere alla bustina da pizzaiolo.
Berlusconi che rompe i protocolli, anticipa le mode, si mette le bandane, fa i «tagliandi», racconta le barzellette, scherza con le donne, movimenta i vertici internazionali, si commuove e piange per gli immigrati morti in mare. Il re delle televisioni è anche un antennista bravissimo a sintonizzarsi sulle frequenze degli italiani, ad anticiparne le decisioni, a intercettarne le necessità, a intuirne le problematiche. Si muove in elicottero, ma conosce l'uomo della strada. Berlusconi che ci mette la faccia, sempre e comunque, e ci aggiunge pure il suo celeberrimo sorriso che ha sfoderato incessantemente, dal primo giorno in cui ha iniziato a vendere lotti di terreno fino all'ultimo minuto della sua esistenza.
Anche negli ultimi video dal San Raffaele Berlusconi, già provato dalla malattia, ci ha messo il corpo e la faccia. E su quel viso, stanco ma sereno, si è allargato ancora una volta il suo sorriso. Ancora una volta, l'ultima, ha voluto mostrarsi fisicamente al suo popolo, alla scrivania, con i fogli in mano, un tricolore alle spalle e quella lezione di infinita dignità nell'«essersi messo la camicia e la giacca». Ma c'è un'immagine su tutte che, nella su tragicità, racconta la tempra dell'uomo, il suo rapporto scenico, umano e soprattutto fisico con il suo popolo, con la folla, il suo desiderio di stare sempre tra la gente: 13 dicembre 2009, Berlusconi è presidente del Consiglio e ha appena tenuto un comizio in piazza del Duomo a Milano per la campagna di tesseramento del Pdl. Mentre sta per rientrare nella sua auto, circondato dalla folla, viene colpito al volto con una statuetta del Duomo. L'impatto è devastante, il Cavaliere portato a braccia nella vettura dagli uomini della sua scorta. Ma pochi istanti dopo ne riemerge e sale, barcollante, sul predellino dell'auto. Il volto è tumefatto, i denti distrutti, la bocca è impastata di sangue. È una scelta spericolata, coraggiosa, ma ai limiti dell'incoscienza: se l'attentatore non fosse stato solo o fosse stato ancora a piede libero avrebbe potuto assestargli il colpo finale.
Ma è anche la scelta più berlusconiana in assoluto, di un Berlusconi che non teme di farsi vedere ferito, fragile e in pericolo e che vuole guardare in faccia il suo aggressore e tranquillizzare il suo popolo. L'istantanea di combattente indomito che non ha mai smesso di lottare, fino all'ultimo.
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