Erano il terrore dei quartieri bene

Il buio era il loro migliore alleato. Sorprendevano le vittime nel sonno, puntando loro contro la luce di una torcia elettrica e minacciandole con mazze e bastoni per farsi consegnare denaro e gioielli. Un vero e proprio incubo, che si è dissolto ieri quando gli agenti della sezione antirapine della squadra mobile di Roma hanno arrestato due albanesi che si spacciavano per romeni, responsabili di almeno tre colpi in stile «arancia meccanica» in abitazioni dei quartieri più eleganti della capitale.
I due stranieri, di 19 e 22 anni, usavano sempre lo stesso «modus operandi». Agivano di notte, mentre la gente dormiva, arrampicandosi sui tubi del gas fino ad arrivare ai piani alti dei palazzi e forzavano le finestre degli appartamenti. Una volta all’interno, svegliavano i proprietari, promettendo di non far loro del male se non avessero opposto resistenza, e li costringevano ad aprire la cassaforte, portando via tutto quello che trovavano.
Gli investigatori della squadra mobile, coordinati dal dirigente Vittorio Rizzi, hanno accertato che solo nel mese di novembre i due avrebbero compiuto almeno tre rapine, sempre tra le due e le cinque del mattino, in appartamenti tra la Collina Fleming e la Cassia.
Il primo colpo risale al 9 novembre scorso, quando i malviventi sono penetrati in una casa di corso Francia, sorprendendo nel sonno il proprietario, un avvocato. Nell’abitazione c’era anche il figlio del professionista, che non si è accorto di nulla.
Il secondo episodio risale invece al 16 novembre ed è stato compiuto in via Cassia, con le stesse modalità. Ma a farne le spese questa volta è stata una donna anziana, alla quale sono stati portati via i gioielli. In entrambi i casi, le vittime fortunatamente sono rimaste illese, e il bottino dei rapinatori si aggirava intorno ai 20-30mila euro.
Non è andata altrettanto bene il 19 novembre scorso a un professionista, che abita in via Cortina d’Ampezzo. Gli albanesi giunti nella sua camera da letto, lo hanno svegliato e picchiato fino a chiudergli la bocca con un calzino. Poi, hanno cercato di amputargli un dito, perché l’uomo si rifiutava di dar loro la chiave della cassaforte a muro, che in realtà non aveva.
La vittima è dovuta ricorrere alle cure sanitarie e se l’è cavata con una trentina di giorni di prognosi. Le indagini hanno permesso agli uomini di San Vitale di scoprire che, in realtà, i due banditi non erano romeni, ma albanesi. La loro attività si è chiusa qualche giorno fa, in un McDonald’s in via Aurelia, dove sono stati individuati e arrestati.
Nel curriculum criminale dei due stranieri compare anche lo sfruttamento della prostituzione. Gli investigatori romani, che hanno collaborato con il vice questore della polizia romena Adrian Lita, hanno scoperto infatti che i rapinatori avevano adescato due romene, una appena diciottenne, l’altra di soli diciassette anni.
Il più giovane dei due le aveva fatte innamorare, promettendo loro un lavoro e costringendole invece a prostituirsi in via Salaria e in via Aurelia.

Era lui che le controllava e alla fine intascava i guadagni della prostituzione. Una delle ragazze ha raccontato tra le lacrime alla polizia di essere stata anche costretta ad abortire da sola in strada, in un luogo poco distante da dove lei lavorava e di aver gettato via il feto.

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