Ermete Realacci: "Pregiudizi? Una visione riduttiva e un po’ scema"

Il fondatore fondatore di Symbola, difende la filiera nautica e punta tutto sul "Piq": Prodotto Interno Qualità. E dice: "La nautica? Un prototipo di quello che deve fare l’Italia: scommettere sulla qualità, mettere insieme soggetti diversi tra loro e fare tutto ciò che ci rende più competitivi"

Ermete Realacci: "Pregiudizi? Una visione riduttiva e un po’ scema"

«La nautica? Un prototipo di quello che deve fare l’Italia: scommettere sulla qualità, mettere insieme soggetti diversi tra loro e fare tutto ciò che ci rende più competitivi». È il Realacci-pensiero, Pd, membro della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera, ambientalista della prima ora, che di nome fa Ermete. Nel luglio 2005 ha creato la Fondazione per le Qualità Italiane, con l’obiettivo di consolidare e diffondere il modello di sviluppo della soft-economy, in cui i territori incontrano le imprese, dove si stringono alleanze tra i saperi, le nuove tecnologie, la tradizione. E dove la competitività si alimenta di formazione, di ricerca, di coesione sociale e rapporti positivi con le comunità. Poi cita Carlo Maria Cipolla: «Dobbiamo produrre all’ombra dei campanili ciò che piace al mondo». Presidente, un ambientalista che apprezza i «giocattoli per ricchi»?
«Lo trova strano? Intanto le dico che non è così. Stiamo parlando di un settore di eccellenza, un catalizzatore delle potenzialità della qualità italiana. E poi me lo lasci dire: chi ha questa visione riduttiva, e anche un po’ scema, forse non sa che il settore fa lavorare 120mila persone».
Lei, con Symbola, ha trasformato il Pil in Piq...
«Già, il Prodotto Interno di Qualità deve essere un complemento del Prodotto Interno Lordo. Un’idea che piace anche al ministro Tremonti».
Si spieghi meglio.
«Symbola si occupa soprattutto di Piq. Con il suo straordinario intreccio di paesaggi, di abilità artigianali, di lunghe coste, di patrimoni artistici, culturali ed enogastronimici, l’Italia viene considerata la sintesi della bellezza. I cui punti di forza sono un sistema manifatturiero di altissima qualità, radicato nei territori, in grado di coniugare i saperi antichi al design, innovazione e ricerca. È questa la realtà fotografata dal Piq che, nel quantificare il valore aggiunto imputabile a produzioni di beni e servizi di qualità, ha certificato il peso della nautica nell’economia di alcune economie regionali molto rilevanti per il Paese, che rimane anche un Paese di pasticcioni».
In che senso?
«Se avessi potere farei di tutto per valorizzare al meglio i porti commerciali sottoutilizzati. Talvolta bastano piccoli interventi amministrativi. Poi uniformerei le regole per la nautica. Non ci vuole molto, bisogna solo scrivere regolamenti moderni. Ma lei ha idea di quanti posti barca potrebbero offrire le nostre coste? Decine di migliaia e più».
Parla come fosse il presidente di Ucina...
«Non scherziamo, io faccio un altro mestiere. Ma devo riconoscere che Ucina, e in particolare il presidente Albertoni, ha fatto un lavoro straordinario. Complimenti».
Recentemente si è lasciato sfuggire qualche battuta sulle energie rinnovabili e sull’eolico in relazione alla nautica...
«Vero. Sono convinto, infatti, che l’eolico abbia molto da imparare dalla nautica. Gli scafi e le pale hanno un fattore comune: la vetroresina e le rispettive nuove tecniche della sua lavorazione. Ma se è d’accordo, di energia vorrei riparlarne in altre occasioni, anche perché ci sarebbero da fare molte riflessioni».
Ci parli del recente studio di Symbola in Toscana.
«In Toscana, e io sono toscano, la cantieristica locale vanta 994 imprese, una filiera del valore molto lunga. Penso, ad esempio, a centinaia di artigiani che producono arredamenti per barche. Oggi queste aziende stanno fronteggiando una crisi diversa da quelle cicliche che colpiscono i settori, perché legata al crollo del commercio mondiale. Ma questa crisi è anche un’occasione per ripensare, a cominciare dalla grande sfida della qualità. Symbola chiama a raccolta tutti coloro che puntano sulla qualità e sui talenti del territorio. È la lobby delle qualità italiane: una nuova alleanza che parla alla politica, all’economia e alle istituzioni per ridefinire il futuro del Paese. Le racconto un aneddoto. Nel gennaio 2008, a Davos, il rappresentante di Goldman Sachs disse che l’Italia era finita, che ci restavano solo calcio e cibo.

Goldman deve cambiare mestiere, gli altri, Lehman Brothers e Merrill Lynch lo hanno già cambiato...».
Così parlò Ermete Realacci. I vertici di Ucina possono dormire sonni tranquilli. Sia mai che l’onorevole ambientalista riesca a convertire anche gli eretici irriducibili?

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