«Ero lì, ubriaco, ma non l’ho violentata»

RomaHa accompagnato la ragazza stordita dall’alcol in una delle stanze del castello e approfittando del suo stato di semincoscienza l’ha spogliata e molestata. Poi è fuggito via, come fosse un fantasma. Ha un volto e un nome il ragazzo che la notte di Capodanno ha parzialmente abusato di una ventiquattrenne neolaureata durante l’esclusivo veglione a inviti organizzato da Diego Asan de Rivera Costaguti nel Castello di Roccalvecce, vicino Viterbo, al quale hanno partecipato una settantina di rampolli di famiglie nobili e benestanti della capitale.
Si tratta di un coetaneo della giovane, studente universitario, figlio di un noto professionista della Roma bene. È stato lo stesso ragazzo a presentarsi spontaneamente alla Procura di Viterbo tre giorni fa, accompagnato dai suoi legali, per dare la sua versione dei fatti rispetto al racconto fatto dalla vittima agli agenti del commissariato Flaminio Nuovo.
«Sono entrato nella stanza in cui dormiva la ragazza, nella quale l’avevo accompagnata poco prima con due amici perché era completamente ubriaca - ha detto al pm - e mi sono sdraiato vicino a lei sul divano. Non ricordo altro, anche se non escludo che possa esserci stato, in quanto anche io ero ubriaco». Poi è tornato dai suoi amici, lasciando la ventiquattrenne lì. Affermazioni definite dal capo della mobile «compatibili finora con gli accertamenti svolti», anche se l’impressione è che tra «accusa» e «difesa» ci sia un’idea diversa della natura di quel contatto.
La ragazza, infatti, sostiene di essersi svegliata il pomeriggio successivo seminuda, con i pantaloni e le mutandine abbassate e di aver trovato sui suoi indumenti macchie risultate di liquido seminale, tanto da essersi recata al pronto soccorso dell’ospedale Sant’Andrea temendo di essere stata violentata e di poter rimanere incinta. In ogni caso, allo stato dei fatti, sembra infondata l’ipotesi di un rapporto sessuale completo tra i due.
Sullo studente si erano concentrati anche i sospetti degli uomini della squadra mobile del capoluogo laziale, diretti da Fabio Zampaglione, incaricati di indagare sul caso, subito dopo aver escluso l’ipotesi della violenza di gruppo. Un aiuto prezioso potrà arrivare dai risultati degli esami tossicologici cui la studentessa è stata sottoposta all’ospedale Sant’Andrea e degli accertamenti di laboratorio sulle tracce organiche rilevate sugli indumenti intimi della vittima e sui cuscini di un divano. Elementi raccolti nei giorni scorsi dagli investigatori al fine di evitare la dispersione di prove. Ma per adesso tutto resta «congelato» in attesa che la studentessa sporga formale denuncia-querela, necessaria per procedere.
«In ogni caso il quadro rientra nel reato di violenza sessuale senza aggravanti così come configurato dal codice penale - sottolinea Zampaglione - ma per procedere è necessario a questo punto la querela della vittima. Con l’interrogatorio di un gruppo di partecipanti al veglione, abbiamo chiuso la prima fase degli accertamenti preliminari urgenti. Ora mettiamo la parola fine alla vicenda in attesa della decisione dell’interessata». «Ha sei mesi di tempo per decidere - aggiunge il capo della mobile -. Se lo farà procederemo. In caso contrario il tutto sarà archiviato su richiesta del pm».
Gli avvocati del ventiquattrenne, Cesare Gai e Gianluca Tognozzi, ieri hanno minimizzato la portata delle dichiarazioni del loro assistito.

«Nello specifico intendiamo evidenziare come il giovane - spiegano i due legali - con l’assistenza dei difensori, si sia spontaneamente presentato innanzi al pm, ricostruendo in modo analitico e veritiero gli avvenimenti della serata in esame, escludendo qualsivoglia contatto fisico con la vittima del presunto abuso e soprattutto ribadendo la propria volontà di tutelare, così come è auspicio della difesa, l’integrità fisica e morale della giovane suo malgrado coinvolta nell’episodio. Plurimi elementi a oggi raccolti hanno confermato con estrema puntualità tale ricostruzione».

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