Esce di prigione e si confessa: «Potrei stuprare di nuovo»

Nelle interviste di «Kosmos», in onda oggi su Rete 4, le storie di maniaci che raccontano i propri delitti. Tra la voglia di curarsi e la tentazione di ricaderci

Gaia Cesare

da Milano

Storie di fantasie devianti finite nel dramma. Storie di pulsioni di cui, a un certo punto, si perde il controllo. Storie di carnefici che raccontano i loro delitti e di vittime raccontate dai loro carnefici. Ma anche storie di speranza, di rieducazione e di voglia di reintegrazione nella società.
C'è tutto questo nei racconti di alcuni stupratori e pedofili, raccolti da Antonello Sette per «Kosmos», il programma di Giorgio Mulè, in onda questa sera, come ogni sabato, a mezzanotte, su Rete 4.
Un tema di scottante attualità quello delle violenze sessuali dopo la lunga scia di casi degli ultimi mesi e il fermo di ieri: l'uomo finito sotto accusa per lo stupro della studentessa americana era uscito di carcere grazie all’indulto. Proprio come Guido, il primo dei protagonisti delle interviste, oggi in libertà dopo il provvedimento di clemenza votato dal Parlamento e in via di riabilitazione presso l'Unità di trattamento intensivo per gli autori di reati sessuali del carcere di Bollate (sezione bis). Sì, perché tutte le ossessioni, quella voglia di umiliare le proprie vittime così come il desiderio di lasciarsi alle spalle un brutto passato, sono raccontati con lucidità ed equilibrio proprio da detenuti che oggi hanno scelto di sottoporsi volontariamente al trattamento di un'équipe di 15 operatori: dieci mesi intensivi nel tentativo di restituire questi uomini a una vita normale.
Un percorso difficile: «Le fantasie devianti che avevo allora e la voglia di umiliare gli altri sono ancora presenti in me», racconta uno dei cinque detenuti liberati dall'indulto sui diciannove finora in cura a Bollate. Proprio per questo lui, come altri due dei cinque scarcerati che hanno deciso di proseguire il trattamento in centri collegati a quello di Bollate, continua il suo percorso di «guarigione» nella sezione bis della prigione, perché - dice lui stesso - «se questo cammino non servirà a eliminare le mie fantasie, mi aiuterà almeno a modificarle, a riconoscere i segnali precursori del reato».
Una grande voglia di riscatto, per dimenticare quell'espressione nel volto delle vittime: «Leggevo terrore e umiliazione nei loro occhi». Ma anche per fermare un istinto che poteva travalicare ogni limite: «Ho paura e ho avuto paura di fare di peggio. Sentivo il potere nelle mie mani. Sarei anche potuto arrivare a commettere omicidio, a diventare un serial killer, adescando le vittime con le stesse procedure con cui commettevo i miei reati. Cercavo su Internet i grandi serial killer della storia, per vedere come agivano, conoscere il loro modus operandi».
Un filo di apparente normalità lega le vite che si nascondono dietro a queste agghiaccianti storie, come quella di un uomo che, per la prima volta, all'età di quarant'anni abusa di una ragazzina di 14 o quella di un personal trainer che si trasforma in stupratore e poi ancora la storia di Matteo, condannato a 15 anni per aver violentato due bambine. «Ma ci sono momenti in cui la fantasia sessuale o la voglia di umiliare diventano ossessive e ti dominano», racconta uno di loro ad Antonello Sette. «Capire di sbagliare è la cosa più difficile - dice un altro -. Ti rimane sempre il dubbio di esserne uscito definitivamente. È difficile scrollarsi di dosso il passato».


Per questo, «per evitare ricadute o recidive e dare un aiuto agli autori di reati sessuali - spiega ai microfoni di "Kosmos" Paolo Giulini, il criminologo e docente dell'Università cattolica alla guida dell'équipe - abbiamo dato vita all'unità di trattamento nel carcere di Bollate».
E uno dei detenuti si spinge oltre: «Ho aderito a questo progetto per cercare di trovare una risposta e restituire alla società quello che le è dovuto».

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