Altro che allarme Mali È la Libia "liberata" il fortino di Al Qaida

Tripoli è stata il quartier generale per l'attacco a In Amenas. Qui i terroristi hanno fatto incetta di missili anti aerei e granate 

Altro che allarme Mali È la Libia "liberata" il fortino di Al Qaida

La Francia vuole trascinare l'Europa nelle sabbie del Mali e il nostro governo si prepara a seguirla. Eppure il vero santuario del terrore jihadista è la Libia «liberata» da Gheddafi grazie alla Francia e alla Nato. Un ruolo confermato da Londra, Amsterdam e Berlino che ieri hanno lanciato un'allerta ai connazionali presenti nel Paese nordafricano, invitando i propri cittadini ad abbandonare Bengasi e il sud dove tutti gli occidentali sarebbero nel mirino.
Del resto - come il Giornale è in grado di ricostruire - l'attentato agli impianti della Bp di In Amenas in Algeria - conclusosi con la morte di 37 ostaggi e di 29 terroristi agli ordini di Mokhtar Belmokhtar - è stato organizzato a Tripoli attingendo ad armi, mezzi e munizioni di provenienza libica.
Tutto inizia quando Mokhtar Belmokhtar, appena espulso da Al Qaida Maghreb (Aqim) per il suo coinvolgimento nei traffici di droga, si presenta nel Nord del Mali. Lì gli ex colleghi di Aqim e quelli di Ansar Dine e del Movimento per l'Unità e la Jihad in Africa Occidentale, le altre due organizzazioni jihadista presenti a Timbuctu, lo costringono alla ritirata.

A dare una mano al «guercio» Belmokhtar, arriva Liamine Bouchenab, un trafficante di armi e droga che ha trasformato la frontiera libica e algerina intorno a In Amenas nel proprio regno. Lì ha messo in piedi il gruppo narco terroristico dei «Figli del Sahara per la giustizia islamica» coinvolto nel rapimento di Sandra Mariani la turista italiana sequestrata in Algeria nel febbraio 2011. Liamine Bouchenab può inoltre contare su numerosi contatti con i gruppi integralisti libici con cui collabora ancor prima della caduta di Gheddafi. Grazie a Bouchenab, il «guercio» Belmokhtar si trasferisce al di là della frontiera libica e si mette in affari con i miliziani custodi degli ingenti arsenali razziati nei depositi d'armi del Colonnello.

Tra una trattativa e l'altra, Belmokhtar arriva a Tripoli dove soggiorna per 18 giorni. Nonostante sia uno dei più pericolosi capi terroristici del Maghreb, la sua presenza nella capitale sfugge sia ai servizi segreti occidentali, sia all'intelligence libica. Eppure il fantasma Belmokhtar non fa affari da poco. In 18 giorni mette le mani su un'ottantina di pick up, tra cui 13 appartenuti alla scorta di Gheddafi e custoditi da una milizia fedele al nuovo governo, centinaia di kalashnikov e mitragliatrici russe Fmpk, una decina di missili antiaerei russi Sam 7s, una cinquantina di lanciarazzi anticarro RPG-7V2, bombe a mano e tante ricetrasmittenti. In soli 18 giorni accumula un arsenale sufficiente ad armare e trasportare un esercito di almeno 400 uomini.

Il blitz di In Amenas che gli regala nuova fama e potenza è però frutto dell'alleanza con Bouchenab e i suoi amici libici. Il suo nuovo braccio destro è infatti in contatto con i Ghediri, una famiglia algerina proprietaria della compagnia di trasporti che rifornisce l'impianto. Sicuro di avere in mano chiavi e coordinate dell'impianto, Buchenab entra dalla Libia alla testa del commando terrorista. In cuor suo ha la certezza di poter non solo catturare gli ostaggi, ma anche di poterli portare oltre la frontiera per poi ripiegare verso le basi di partenza intorno all'oasi libica di Ghardaias. La mancata cattura del bus di lavoratori occidentali sfuggito all'agguato nelle prime fasi trasforma il blitz in un assedio e poi nel massacro costato la vita anche a Buchenab e ai suoi uomini.

Il ruolo di retrovia e di arsenale giocato dalla Libia dimostra però che il nuovo santuario ed il vero arsenale africano di Al Qaida non è il Mali, ma la nostra ex colonia consegnata al disordine dall'intervento di Parigi e della Nato.

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