Blitz fallito in Nigeria, ucciso ostaggio italiano

Blitz fallito in Nigeria, ucciso ostaggio italiano

Più che una notizia è il riemergere d'un brutto incubo. L'uccisione dell'ingegnere italiano Silvano Trevisan e di altri sei ostaggi stranieri - un britannico, un greco e quattro libanesi - nel nord della Nigeria sembra il deja vu dell'uccisione di Franco Lamolinara, il tecnico piemontese freddato nel marzo 2011 in Nigeria dai suoi rapitori. Anche stavolta a dar retta al comunicato di rivendicazione i sequestratori temevano un assalto delle forze speciali britanniche e dell'esercito nigeriano. Anche stavolta avrebbero massacrato senza pietà i loro prigionieri.
Silvano Trevisan, 69enne ingegnere di Stino di Livenza da vent'anni all'estero per motivi di lavoro, si trovava in Nigeria per conto della ditta libanese Setraco. La notizia della sua morte resta però ancora da verificare e ieri sera la Farnesina cercava affannosamente di far chiarezza sulla sua sorte. Le immagini diffuse su un sito web dal gruppo di rapitori lasciano, però, poco spazio alla speranza. A terra si vedono sette corpi insanguinati e straziati dai proiettili, davanti un terrorista armato che indica i cadaveri. Un esponente del gruppo estremista chiamato Jama'atu Ansarul Musilimina Fi Biladis Sudan, (Avanguardia per la protezione dei musulmani in Africa) legge poi un comunicato spiegando le ragioni della mattanza. «Avevamo annunciato la cattura di sette stranieri cristiani ed avvisato che qualsiasi tentativo di salvarli con la forza avrebbe messo a repentaglio le loro vite. L'operazione dei governi della Nigeria e della Gran Bretagna ha portato alla morte di tutti i sette cristiani».
L'ultima parte del comunicato è doppiamente inquietante. Se assieme alla strage fosse confermata la versione dei terroristi ci troveremmo di fronte al secondo caso di intervento, inglese o nigeriano, conclusosi con la morte di un ostaggio italiano organizzato all'insaputa delle nostre autorità. E la Farnesina dovrebbe ancora una volta spiegare i motivi per cui non è stata consultata.
Se Londra smentisce con decisione qualsiasi tentativo di blitz la nostra diplomazia appare anche stavolta piuttosto lontana dagli eventi. Ieri sera i nostri diplomatici chiedevano tempo per verificare le notizie, ma impressione è che dal 17 febbraio, quando Silvano Trevisan e i suoi colleghi furono prelevati dagli alloggi di Bauchi nel nord della Nigeria, vi siano stati ben pochi contatti con i rapitori o i loro emissari.
La strage presenta anche altri lati oscuri. Il gruppo Ansarul pur seguendo la stessa ideologia dei Boko Haram ne ha, in passato, denunciato i metodi brutali. Il suo leader, Abu Usmatul al-Ansari, definendo le loro azioni «inumane per la comunità islamica» ha spesso ricordato il divieto di «uccidere per questioni di fede», fatti salvi i casi di «autodifesa».
Resta aperta dunque l'ipotesi di un'operazione dei militari locali. Venerdì una fonte dell'esercito nigeriano aveva annunciato l'uccisione di una ventina di militanti nel corso di un' operazione a Maiduguri, la roccaforte dei Boko Haram nel nord-est della Nigeria.

A Maiduguri sempre venerdì si è conclusa anche la prima visita, dopo la sua elezione, del presidente Goodluck Jonathan e alcune fonti locali hanno riferito di aver udito numerose esplosioni nelle ore precedenti la sua partenza.

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